Godspeed You Black Emperor! – Yanqui U.X.O.

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Le bombe cadono come fuochi d’artificio verdi nella notte di Baghdad; una colonna di fumo nero si alza da un palazzo colpito; un carro armato procede lento tra le dune a presidiare da lontano una strada male asfaltata nel deserto mentre dall’altra parte del paese un soldato americano regala cioccolato ad un bambino mutilato. Un ragazzo che avrà più o meno la mia età si aggiusta gli esplosivi sotto la giacca, pregando, è imbottito anche di droghe, per non capire cosa sta per fare in maniera da non tirarsi indietro, nello stesso momento un uomo grasso, anziano, in giacca e cravatta cammina protetto e gongolante dove non dovrebbe camminare, è il quindici settembre del 2000. Dei bambini giocano nel fango, si conoscono da sempre, e i resti di una macchina esplosa sono il loro fortino, si stupiscono quasi di quei colori mai visti prima, ma quella specie di aeroplanino che hanno trovato sarà l’ultima cosa che vedono, o che toccano… Ricominciano i bombardamenti, ma cambiano i colori e dal verde si passa al bianco, bianco come fosforo, e il giorno dopo si possono ammirare vestiti sporchi ma quasi perfetti, e ossa, tantissime ossa piene dei vermi che vanno a rosicchiare quel poco che rimane. Due enormi palazzi cadono in occidente, mentre un treno pieno di gente che sta andando a scuola, o a lavorare parlando la lingua dei toreri salta in aria accompagnato a molti chilometri di distanza dal suono sordo che fa una bomba nelle gallerie sotto una città. Un pozzo di petrolio in fiamme illumina la notte araba mentre gli avvoltoi della società moderna decidono come guadagnarci sopra. Cinque tracce che però in definitiva sono tre, la colonna sonora degli orrori di questa fine di millennio (e v’invito a provarci a mettere questo disco con qualche filmato o telegiornale), un’opera unica, perfetta, politica senza usare parole nel suo essere straziante. Un capolavoro da avere, da ascoltare, da leggere e da vedere, più forte di qualsiasi slogan e di qualsiasi pensiero.