Lee Fardon: Scottish Passion

Col concerto di Lee Fardon del 6 ottobre, l’associazione bergamasca “Soffia nel vento” ha inaugurato la sua seconda stagione di attività, proponendo ancora una volta musica di gran classe grazie all’arrivo entusiasta di questo folk-rocker scozzese, che ci ha proposto uno show acustico di grande impatto. L’evento, completamente gratuito, è stato inserito nel programma di “Bergamo scienza”, importante evento culturale patrocinato dall’amministrazione comunale orobica giunto alla terza edizione. Perché inserire un concerto in una manifestazione del genere? Bè, se guardiamo alla scienza come strumento per migliorare la vita, converremo tutti nel dire che anche la musica serve a questo, e poi ogni incontro con autori del calibro di Lee, con tutte le loro storie da raccontare, per dirla con le parole di Tino Manzoni (presidente di “Soffia nel vento”), è «una bella occasione d’incontro ed apertura» per noi e le nostre menti. Fatte le dovute presentazioni, Lee Fardon fa il suo ingresso sul palco fra gli applausi di un Auditorium quasi del tutto pieno. Si capisce subito che il nostro è un classico scozzese tutto d’un pezzo: non molte parole – anche se sappiamo che ha definito il nostro paese come la sua seconda famiglia – , giusto quelle che bastano e qualche battuta al pubblico col suo forte accento delle Highland; niente fronzoli insomma, solo canzoni, e questo è quanto basta perché lo show di Lee si rivela ben presto straordinario. Le difficoltà personali e in ambito discografico della sua lunga, poco proficua carriera musicale, sembrano aver temprato il carattere di Fardon; abituato a continue cadute e resurrezioni, si capisce bene come egli viva la propria arte con profonda intensità e snocciola una ricca serie di brani dai suoi migliori album, “The God Given Right” del 1982 e l’ultimo, straordinario “Compassion” del 2003, colpendo fin da subito per l’intensità delle sue interpretazioni. Lee è un autore che in fatto di songwriting molto deve al vecchio Bruce Springsteen – molti brani presentati in veste acustica mi hanno ricordato il Boss di “Darkness on the Edge of Town” e “Nebraska” – così come al mito Bob Dylan, ma questo non deve certo far venir dubbi sulla personalità e la presenza scenica di questo autore. Dopo un inizio atto a prendere confidenza col pubblico, Lee ci prende gusto e catalizza l’attenzione su di sé con le sue neravigliose storie di rock. Brani come “Saturday Night”, “Together in Heat” e “Cold Raining Sunday” non saranno famosi come i capolavori degli illustri maestri del nostro, ma sono dotati dell’intensità e delle emozioni che solo i migliori pezzi, quei cosiddetti classici senza tempo riescono a suscitare nell’ascoltatore, con le loro melodie e storie. Lee sta sul palco come un veterano: non ha bisogno di dar spettacolo con pose da rockstar e dietro alla sua apparente staticità troviamo in realtà il carismo inconfondibile di chi ha molto da dire, tanto che la sua presenza oscura letteralmente quella del più dinamico – ma non troppo – chitarrista che lo accompagnava. Lo spettacolo è dunque un crescendo di emozioni, col pubblico che via via prende sempre più confidenza con Lee, che prima di attaccare con “Sharks & Gold” si dice fiero del fatto che nessuno sia ancora andato fuori per farsi una sigaretta, vuol dire che lo show sta procedendo bene. Il finale è da brivido: canzoni come “Maria and the Writer”, la passionale “Over her head” e la dolcissima “Hammingford road” suscitano un enorme entusiasmo e uno scroscio di applausi. Non ce ne siamo accorti, eppure è passata più di un’ora grazie a questi splendidi brani. Lo show volge al termine e Lee ci riserva un solo ancore che però vale doppio: “Jesus Song”, tratta da “Compassion”, è semplicemente struggente e siamo tutti in estasi durante la sua esecuzione. Alla fine Lee è molto soddisfatto e noialtri anche. Saluta frettolosamente e se ne va dietro le quinte… chissà, forse quello che aveva bisogno di fumare era lui, ma scherzi a parte è un peccato che non sia rimasto a raccogliere tutti quegli strameritati applausi. Ma lui è fatto così, sa di aver offerto un grande spettacolo e questo tanto gli basta, quella sigaretta se l’è più che meritata. Tirando le somme, la nuova stagione di concerti di “Soffia nel vento” è iniziata alla grande, con un’ottima risposta da parte del pubblico. Ora attendiamo per questa fine 2005 Robi Zonca, Mary Coughlan, Jack Hardy e i mitici Lùf, noi ci saremo e rivolgiamo l’invito a tutti coloro che possano fare un salto all’Auditorium di Bergamo: visti anche gli illustri precedenti – con Elliott Murphy, Graziano Romani e Dick Gaughan – vi assicuriamo che ne vale davvero la pena.