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Prague è la one man band che risponde al nome di uno che probabilmente ha mandato a memoria i dischi di Pedro The Lion (che collabora al disco) e tutta la corrente sad-core: Alessandro Viccaro. Batteria sempre presente come a dilatare l’atmosfera con ripetuti colpi sui piatti, intrecci chitarristici con relative esplosioni e rallentamenti, buone costruzioni di rhodes, buon accompagnamento di basso. Certo nulla di così originale, anzi il contrario, ma godibile nel complesso, un lavoro che si lascerebbe ascoltare.
Se non fosse per la voce.
Di voci stonate se ne sono sentite parecchie, e chi segue il genere di musica alla quale si ispira il nostro Prague sa che è probabilmente una delle basi sulle quali si fonda questa musica. Il problema è che il nostro è monocorde, assolutamente monocorde, una nenia lunga tutto il disco che si attacca inesorabilmente alle canzoni che a lungo andare sembrano tutte costruite su una sola idea e una sola linea melodica. Magari l’ha intuito anche lui, ed è per questo che il cd contiene solamente otto tracce, abbastanza per rendere il disco godibile e togliere quella sensazione che in fondo questo disco è una bufala (aldilà dei comunque notevoli sfoghi chitarristici e dell’uso azzeccato del rhodes che regalano quel tocco di cupezza ai pezzi come ci fosse sempre fosse un preludio allo sfogo).