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Questo nuovo lavoro degli Ulan Bator -primo dopo l’abbandono di Olivier Manchion, fondatore del gruppo e con l’apporto di Egle Sommacal- segna un ritorno alla forma-canzone che avevano decisamente abbandondonato nella lavorazione del precedente disco. La differenza si nota subito: meno improvvisazioni, meno episodi rumoristici, più spazio alla dolcezza e alla poesia, alle dilatazioni chitarristiche accompagnate da violini, flauti, organi hammond. Più spazio all’estasi immediata che all’ossessione cupa e alienante. I brani sono di durata ridotta e contraddistinti sempre da ritmiche circolari, stavolta trattati con morbidezza. Il gruppo di Amaury Cambuzat ci regala un’avventura sonica espressionista, una passeggiata surreale dove le chitarre scavano a fondo e straziano, spaziano in una specie di ninna nanna dilatata, creano una splendida atmosfera umida nella title track grazie all’uso dello slide. Si fanno graffianti o disegnano un incedere che si ispira direttamente alla tradizione new wave e dark; accompagnano basso e violino nell’atmosfera notturna e sensuale di Terrorisme erotique, dove gli strumenti sembra che galleggino uno sopra l’altro. Interessante la ricerca sonora in Geisha Paname tra echi lontani, lievi suggestioni etniche e inquietanti distorsioni, forse uno degli episodi più aperti del disco.
Una nuove aria, leggera e inquietante allo stesso tempo, di quelle che si possono respirare solo ad occhi chiusi.