Lee Ranaldo – Between the Time & the Tides

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A prescindere dall’afflato Nineties che soffia imperituro sulle mie sinapsi musicali, devo constatare quanto corrispondano a verità le voci di corridoio narranti la diaspora Sonic Youthiana come cosa buona e giusta, per la vèrve dei nostri, s’intende. Ranaldo in questo contesto sembra aver preso coscienza di una certa forma canzone (Pop) che in Between the time & the tides, lavoro che potremmo finalmente definire di cantautorato (dopo ben otto lavori per lo più a carattere sperimentale), amalgama efficacemente quantità massicce di psichedelia sixties ai sentori irrequieti della New York che rese grande la gioventù sonica.

Se dovessimo fare un paragone con Demolished Thoughts di Thurston Moore, questo è un disco più Sonic Youth, ma decisamente orientato verso un pop solare che a tratti sembra voler inserire gemme della tradizione, come accade nell’ opener Waiting on a dream con quella chitarra Paint-it-black-Stones o come quando nel singolo Off the Wall pesca a piene mani nel calderone colorato a firma Brian Wilson.

È un ode alla primavera dello spirito, a cui il nostro aggiunge squisitezze più segnatamente appartenenti al proprio background – Xtina As I Knew Her, pezzo che non avrebbe sfigurato in Experimental trash & no star –  deliziose ballate per chitarra acustica – Hammer blows, Stranded – per poi chiudere con le tematiche speranzose – per quanto speranzose posando essere, arrivando da un ex SY com’è Ranaldo – di Tomorrow never comes. Bello, coeso e credibile, finalmente Ranaldo ha la sua piccola deliziosa perla.