Metric – Synthetica

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Il 2009 per i canadesi Metric fu l’Anno, quello dalla A maiuscola: quello dell’esposizione mediatica, delle prime inaspettate esperienze di grande risonanza e dei vari riconoscimenti come l’Alternative Album of the Year ai Juno Awards. Con Fantasies, infatti i Metric raggiunsero livelli di fama mondiale; bastano cinque secondi su Wikipedia e si legge che il singolo Gold Guns Girls  fu utilizzato nel teen drama 902010, in Grey’s Anatomy, e  addirittura in Fifa 10.

Il 2012 è l’anno della conferma. Dopo ogni boom, le aspettative crescono sempre di più; anche se le mie, che già erano piuttosto basse ai tempi dell’esordio del 2003 (Old World Underground, Where Are You Now?) di certo per questo Synthetica non erano assolutamente cresciute, c’era giusto quella voglia di credere che la cantante Emily Haines , fascinosamente volitiva, per quanto diafana, riuscisse a tirare fuori le sue doti intellettuali e sbatterle in faccia ai quegli pseudo new wavers dei suoi musicisti.

Detto ciò, il nuovo Synthetica, è la classica formula che il quartetto power-pop continua fedelmente a riproporre nella speranza che nessun fans rimanga deluso. E il punto è questo: i fans son contenti, ma i nuovi ascoltatori rimangono un attimino perplessi di fronte alle chitarre voluminose, ai synth darkeggianti e la Haines che sempre di più mi pare una rivisitazione in chiave Madonna della cara Blondie.

Di spunti interessanti ce ne sono, ad esempio l’opening track Artificial Nocturne sintetizza equilibratamente cavernosità tetre e lussureggianti melodiosità dance; o Breathing Underwater che sembrerebbe un delicato pezzo pop-punk toccato dall’elettro rock delle chitarre distorte e dalla batteria che gioca con rullate ritmate. Ad “arricchire” il tutto arriva Lou  Reed, che se già non si era abbastanza messo in discussione con i Metallica, ora potrebbe attirare altre critiche. In The wanderlust la sua voce, nonostante autotune e vari effetti (in effetti sentire Lou Reed che riesce a prendere tutte le note fa un certo effetto), riesce a creare un pezzo gradevole. Ma un po’ come Joyce usava il metodo mitico, i Metric dalla voce di Lou Reed non guadagnano molto, anzi è impossibile non divagare mentalmente su quanto fossero bravi i Velvet Underground con la voce di Nico e non pensare “Ma quanto è bello Desert Shore? In confronto a questo, molto…”.  

“Mettiamo all’asta i nostri ricordi, in assenza di una brezza che sparpagli ciò che rimane… che sparpagli ciò che rimane!” cantano in Speed The Collapse. Vorrei tanto che il vento venendo giù a lunghi solchi spazzasse via quel castello di carta che i Metric si sono costruiti attorno. Son convinto potrebbero fare molto meglio.