The Soft Moon – Zeros

Acquista: Voto: (da 1 a 5)

Aberrazioni elettroniche e lacerazioni ritmiche che volgono spesso lo sguardo ad un’ “era post-atomica” fanno da contraltare alle sonorità claustrofobiche ed ossessive di Zeros, secondo full lenght della one man band californiana The Soft Moon, dopo l’omonimo disco di debutto e l’Ep Total Decay, mossa dalle allucinazioni del suo creatore, il polistrumentista di Oakland Luis Vasquez, e che negli anni si è arricchita di altri membri (Justin Anastasi – basso, Damon Way – sintetizzatori, Ron Robinson – visuals, Keven Tecon – batteria).

In Zeros non mancano le inquietudini decadenti presenti nei precedenti lavori che in questo caso si fanno via via più cigolanti, rumorose e maniacali. Le atmosfere dell’album, solo a tratti rarefatte, si arricchiscono così di ambientazioni sonore dai risvolti morbosi, martellanti e da cupi affreschi melodici stridenti che fanno della circolarità il chiaroscuro tensivo centrale dell’interno disco.

Tensioni oscure si dipanano sin dall’inizio (It Ends) per poi disegnare “location” industriali (Machines) e ombre wave (Zeros) su epoche dai contorni Ottanta (Insides, Remember The Future). Reiterazioni graffianti e criptiche (Crush) cedono poi il passo a battiti metallurgici (Die Life), carichi tribalismi percussivi (Want) e gelidi respiri su inquiete trame distorte (ƨbnƎ ƚI). 

Un interessante album, geometrico e irregolare al contempo, ciclico e aperiodico, che attraverso gli atri spettri del tormento e dell’angoscia sonora è capace di destrutturare l’equilibrio ritmico dell’ascoltatore, creando una sorta di spaesamento riflessivo.