La Femme – Psycho Tropical Berlin

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La ‘Femme Fatale’ di Velvettiana memoria, come gioiello d’ellenica bellezza, affronta senza vesti  la giungla d’asfalto ipnotizzata dalle stesse sostanze psicotrope che elargisce dalla propria anfora. In breve, la storia delle radici musicali autoctone mitteleuropee e dello stupro subito da parte di certa cultura a stelle e strisce verso metà dei sessanta.

Il sestetto di Barritz ironizza con gusto su tutta la faccenda, dapprima utilizzando il Post-Punk di ‘Antitaxi‘ – I B-52’s storditi nel gorgo dei Devo -, come assurdo volano pubblicitario in favore dei mezzi pubblici: “Prendete l’autobus, il taxi costa troppo ed è pericoloso“, per poi spostarsi ideologicamente sul set di: “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto“, – Giancarlo Giannini e Mariangela Melato diretti da Lina Wertmüller, Ndr -, narrando di rapporti sessuali all’interno della classica isoletta dispersa nell’oceano: ‘Amour Dans Le Motu‘. In un clima perennemente ‘drogato’, si racconta, ‘fra le righe’ della fine che fece la cultura Yeyé Francese in favore del Rock’n’roll Americano, e del processo creativo che portò gente come i Monks a lasciarsi influenzare in maniera inversa nel cuore della Germania.

L’indolenza tossica dei primi Velvet Undergound permea tutta l’opera – Il picco in  ‘It’s Time To Wake Up 2023‘, Ndr -, amalgamando una proposta bizzarra ma ‘pensante’ capace di muoversi in maniera scomposta e ficcante attraverso quel palcoscenico che vede la riscoperta degli Ottanta più sperimentali e dei Sixties più psichedelici, mantecandoli con la lingua d’oltralpe. Psycho Tropical Berlin rappresenta certamente un buon modo per intrecciare tradizione e revivalismo: generando così una creatura mutante con desideri di rivalsa.

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