C’è un momento migliore della fine dell’anno per trarre bilanci? Probabilmente no. Nei giorni in cui molti si affannano a stilare classifiche di qualsiasi cosa (in una corsa che spesso lascia poco ai contenuti e molto al presenzialismo del “telodicoiocosaèfico”), noi di Rocklab.it quest’anno abbiamo pensato che forse anche per le “classiche” classifiche di fine anno in materia musicale fosse arrivato il momento di una piccola rivoluzione.
Nell’anno in cui sono sbarcati in Italia i servizi streaming e in cui la musica è diventata ancora più liquida che più liquida non si può abbiamo pensato di regalarvi una classifica dei migliori brani di questo 2013 da cui attingere per un eventuale approfondimento di questo o quell’artista, questo o quell’album. 88 pezzi (7 ore di musica) che per noi rappresentano al meglio questo 2013 musicale.
Qui sotto trovate l’embed di Spotify con i brani divisi per italiani, international e una piccola playlist per la nostra fortunata rubrica Democrazia per conoscere i brani migliori che il nostro Giovanni Papa vuole farvi conoscere dell’underground italiano. Allo stesso tempo potete cliccare su ogni brano e ascoltarlo tramite Spotify.
Un buon anno a tutti voi, ci vediamo nel 2014 con nuove idee, nuove cose e soprattutto speriamo un nuovo entusiasmo. È stato un anno che ci ha regalato molte soddisfazioni ma che ci ha fatto anche molto riflettere su quelle che saranno delle scelte importanti che andremo a fare in questo 2014, sperando di avervi sempre al nostro fianco. Rimanete sintonizzati e presto avrete notizie più precise.
A prestissimo e un abbraccio a tutti!
Francesco Stefanini aka “Cesqo”
FRANCESCO STEFANINI
These New Puritans – Fragment Two
Melodia e destrutturazione vanno a braccetto, un dono della sintesi molto raro per uno dei dischi più ispirati di questo 2013
I Cani – Storia di un Artista
Dopo il primo disco non immaginavo un gran futuro per questa band che sembra essere un fuoco di paglia. Ma le sorprese inaspettate sono sempre le migliori e questo secondo disco dei Cani lo è davvero. Questo pezzo che parla di Piero Manzoni, ma in realtà parla (come un po’ tutto il disco) di una generazione di trentenni che vogliono “sentirsi diversi, creativi, speciali, tutto tranne normali” nascondendo, neanche troppo bene, frustrazioni da eterni falliti. Game. Set. Match.
MIA – Bad Girls
Chi conosce e segue MIA dagli esordi sa bene che questi non sono i suoi pezzi, ma quando Mathangi “Maya” Arulpragasam (il suo vero nome) veste i panni dell’icona pop tira fuori singoli scala classifiche come neanche una Katie Perry nella migliore forma saprebbe fare. Ma il valore aggiunto di MIA è che riesce a farlo rimanendo però ben salda nel “suo” con tutto il suo bagaglio di riferimenti. Se non è talento questo.
Burial + Four Tet – Moth
Una “certa compila” fa incontrare questi due “mostri” (anche se alcuni teorizzano che in realtà siano la stessa persona…) e ne esce un pezzo che al contempo riesce ad essere complesso ma dannatamente immediato. Trip sonoro assicurato, ascolto in cuffia obbligatorio.
Cold War Kids – Miracle Mile
A portare alta la bandiera del alt-pop di qualità ci pensano questi talentuosi californiani che tirano fuori un gran bel disco ma soprattutto questo singolo nervoso ed epico al punto giusto. Festa in casa, birra in alto in una mano iphone nell’altra e tante pose.
Woodkid – Iron
Non citare tutto il disco d’esordio di questo piccoletto è un vero peccato. Questo pezzo riesce a sintetizzare un po’ tutto il mondo che c’è dietro a Woodkid. Il barocco degli arrangiamenti, la sua interpretazione e la melodia. Per tutto il resto ascoltate il disco e soprattutto andatelo a vedere dal vivo se, come me, credevate che tutto questo ben di Dio che sentite nel disco non fosse replicabile live, vi stupirà.
Editors – Formaldehyde
A molti il nuovo disco degli Editors non è piaciuto, io sono invece tra i strenui sostenitori non fosse solo per le altissime performance interpretative di Tom Smith. Questo pezzo insieme ad almeno un altro paio rappresenta il top del disco che pure ha dei momenti di calo evitabili. Se ci fossero in giro anche solo una decina di Tom Smith in più potremmo dormire sonni tranquilli.
Cosmo – Ho visto un dio
Al primo ascolto è stata una folgorazione, per un attimo ho davvero pensato che l’idea di unire elettro-pop a testi in italiano in modo davvero credibile fosse realtà. Lo aspetto al varco del secondo disco con molte aspettative.
IDA STAMILE
Jon Hopkins – Abandon Window
Visione onirica, lucida e trasparente, tra morbide e malinconiche carezze di pianoforte ed elettronica
Dillinger Escape Plan – One Of Us Is The Killer
Il pathos giusto per scovare quell’assassino psichico che è nascosto in ognuno di noi.
Bombino – Azamane Tiliade
Dal Mississippi al delta del Niger, un pezzo in lingua tuareg per un intenso viaggio nel deserto del rock.
James Holden – Renata
Trance di esplosioni ritmiche, loop caleidoscopici e spasmi di elettronica ipnotica.
Polvo – Changed
Quiete colline vocali e lande di arpeggi che esplodono in una intensa cavalcata lisergica.
Nick Cave And The Bad Seeds – Jubilee Street
Una ballata “elegiaca” che tra dissoluzione e decadenza svela una storia che si dipana lungo l’oscurità maledetta di una strada del piacere.
Eels – True Original
Il Mr. E di sempre torna con una ballata che si svela nel dialogo emozionale tra voce e chitarra.
Bachi Da Pietra – Dio Del Suolo
Potente e profondo lirismo letterario e musicale..espiando l’ascoltatore…dando “l’amore e la morte insieme”.
Darkside – Heart
Un cuore sonoro pulsante, tra cielo e terra, battiti sintetici e derive psichedeliche, la chitarra di Dave Harrington e i loop di Nicolas Jaar.
65daysofstatic – Prisms
Lucenti fluorescenze astrali, “prismi” variegati che giocano su vuoti e pieni sonori.
Cave – Shikaakwa
Reminiscenze sonore e percussioni tribali per rituali psichedelici e visioni ritmiche dal sapore afro
Boards Of Canada – Reach For The Dead
Un brano in pieno stile BOC capace di trasfigurare un lunghissimo viaggio ai confini del Mondo stesso, inseguendo un “oltre” che non ha mai fine.
Nine Inch Nails – Came Back Haunted
Claustrofobia sonora e agonia industriale per una favola oscura e moderna resa ancor più lancinante ed “epilettica” dal video diretto da David Lynch
EMANUELE RUSSO
Crimea X – Haunted Love
Reggio Emilia suona come Ibiza, L’URSS e la sua stagione dell’amore. L’incontro fra Jukka Reverberi e Dj Rocca, supervisionato da Bjorn Troske ci regala uno dei dischi elettronici italiani meglio riusciti del 2013
The Knife – Full of fire
Shaking the Abitual è il punto più alto raggiunto in carriera dai Fratelli Dreijer, Full of Fire il singolo migliore. Diretto, rude, spietato, in 9 minuti spazza via convenzioni sociali, perbenismi e ogni residuo di conservatorismo. In una parola: rivoluzionario
Oneohtrix Point Never – Zebra
Daniel Lopatin è tornato con R plus Seven. Zebra, il pezzo che spicca, ci spiega perchè qualcuno, qualche anno fa, pensò di accostare al termine Dance Music,la parola intelligent
Burial – Rival Dealer
A fine anno, mentre fai i conti con le consuete delusioni sentimentali, arriva un romantico Burial ad avvolgerti in un caldo abbraccio consolatorio. Appena molla la presa, recuperi la lucidità e realizzi che si tratta di una delle migliori cose fatte dal producer inglese negli ultimi anni.
Darkside – Paper Trails
Quando la chitarra di Dave Harrington incontra il tocco geniale di Nicolas Jaar, lo spettacolo è assicurato. Paper Trails è il pezzo con cui chillarsi una volta esaurita la frenesia dance, quando manca il fiato.
Daft Punk – Doin’ it Right
RAM, il ritorno trionfale dei Daft Punk, è costellato di featuring. Quello con Panda Bear è certamente il più interessante: mondi a confronto.
Mount Kimbie – You Took Your Time
King Krule mette la sua vocalità al servizio dei Mount Kimbie. Ne esce fuori un episodio downtempo da applausi, forse fra i più rumorosi e convinti del 2013.
SARA MANINI
M O N E Y – Cold water
The Shadow of Heaven è l’esordio pazzesco di una band che sa farsi voler bene, e questo pezzo ne è il punto focale: oscuro e freddo, eppure sconvolgente come pochi.
Holograms – Meditations
Di meditabondo ha veramente poco, visto che parte sparato e arriva lancinante come un crampo. Ma aldilà del muro di distorsioni e grida, c’è quel synth struggente, quel senso di perdita…e, no, nel ritornello non viene detto “destruction”.
Soviet Soviet – Introspective trip
Il pezzo che non ti aspetti dai Soviet Soviet è anche il pezzo che non comprendi mai fino in fondo, eppure ti si scrive addosso: la voce stridula di Giometti fa sempre da contraltare al basso tellurico, ma c’è di più…
Iceage – In haze
Per qualche motivo seducente e ammiccante all’apparenza, ‘In haze’ tratta in realtà di temi raccapriccianti tipicamente iceageiani; e anche molto bene, piazzando il bollo ‘giovani&dannati’ sulla band danese.
Beach Fossils – Generational synthethic
L’acidità si è fatta strada nella spensieratezza dei Beach Fossils, che con questa critica al catafalco dell’industria musicale hanno tentato di scrollarsi di dosso l’aura surf-pop. Ma comunque infonde buon umore tout court.
Cate Le Bon – Sisters
Così fine anni ’60 e così inquietante, ha tutta l’aria di diventare un floor filler in qualche posto non troppo allegro, non troppo rozzo.
Fast Animals And Slow Kids – Farse
Il furore con cui i Fast Animals affrontano qualsivoglia argomento, qui è particolarmente calzante, dato che si parla di frustrazioni giovanili e dintorni disagiati.
LORENZO GIANNETTI
Mia – Bad Girls
Kanye West – I am a god
Queen of the stone age – Smooth sailing
Suuns – 2020
Primal scream – 2013
Lorde – Royals
The knife – Full of fire
Daft punk – Giorgio by moroder
Lana del Rey – Young & beautiful
Iceage – Morals
GIORGIO PAPITTO
Arcade Fire – Afterlife
Quando l’amore se ne va, dove se ne va? E noi dov’è che andiamo? cantano qui gli Arcade Fire. Ed è bello riuscire a ballare su queste parole. Un ultimo respiro, un ultimo sguardo tra la persa Euridice e il buon Orfeo, per esorcizzare questo ricordo, questa parvenza di vita.
Soap&Skin – Sugarbread
L’incarnazione gotica della musica popolare arriva alla sua acme e lo fa con pochi versi di una puntualità notevole in un ambiente musicale piacevolmente decadente.
Blue Willa- Tambourine
Una traccia sensuale, sporca, imprevedibile: prima è la voce di Serena Altavilla a conquistarti, poi invece a trascinarti sono quei risvolti art-rock che rendono un pezzo statico, un travolgente quanto tumultuoso salterello.
Love Is Lost (Hello Steve Reich Mix By James Murphy For The DFA)
Dieci minuti di applausi che sono sia quelli che dettano il ritmo in questa versione di Love is Lost, sia quelli di un qualsiasi ascoltatore a fine pezzo, non foss’altro per la citazione di Ashes to Ashes.
Julia Holter – Maxim’s II
Per la Holter tutto è un gioco, la musica in principio; e questo brano è un’infanzia, una ricerca e sperimentazione esistenziale. Dal colore violaceo, il pezzo procede tra pause, riprese, ritornelli che si trascinano in avanti senza mai diventare tali.
Santo Niente – Maria Callas
La Callas che rimane è una fragilità al femminile (e non femminile) che prende forma nel suo narrarsi. Si crea per essere distrutta. La Maria Callas che muore per i vostri peccati, è anche una Maria che rinasce, che entra a far parte di una discografia rock italiana. Maria Callas in realtà è un travestito.
Eppure prima era un travestimento, un abito in scena alla Scala. Un piano che si ribalta su sé stesso e lo fa con eleganza.
Mikal Cronin – Piano Mantra
È bello il suo arrivare inaspettato, il suo lento dispiegarsi, la sua consueta implosione emotiva e la sua cupa bellezza vagheggiante rimandi a The Cinematic Orchestra; tanto quanto è bella la sua cauta e spossante esplosione finale.
Kanye West (feat. Chief Keef & Bon Iver) – Hold My Liquor
Non credo sia necessario riesumare Lou Reed o citarne l’elogio, basta una canzone, forse questa, per renderci conto che Kanye West è uno dei creatori dei più bei gioielli pop degli ultimi anni.
John Murry – Little Colored Balloons
I know you don’t believe in magic. Nobody does. Not anymore. E invece ci crediamo, soprattutto ascoltando questa canzone e vedendo ciò che crea la sua atmosfera su ciò che ci circonda. Un pezzo che è un’esperienza.
EMANUELE BINELLI
Arcade Fire – It’s Never Over (Oh Orpheus)
Entrare nella tenebra, in mezzo ai suoni del mondo, tra Canada e Haiti, e uscirne fuori con un capolavoro fatto di synth, chitarre e bassi che spaccano la cassa, sample corrotti, voci. Le voci di Orfeo ed Euridice che duettano dagli albori della civiltà e ci raccontano la storia dello sfidare gli dei, le regole della fisica e della realtà per salvare lei, per raggiungerla anche nell’inferno più oscuro della disperazione. Seems like a big deal now/ But you will get over /Seems like a big deal now / But you will get over/ When you get over / And when you get older/ Then you will discover/ That it’s never over. Se volete iniziare il viaggio dentro questo disco, incominciate da qui.
Ministri – Comunque
I temi sono ricorrenti, crisi, contratti che non valgono più niente, esperienza che non vale niente, oggetti che non valgono niente. Ma non è colpa dei Ministri. Un inno per chi non ha più nulla da perdere: tanto vale.
Nine Inch Nails – Find My Way – Oneohtrix Point Never Remix
Il remix del manipolatore elettronico, alias di Daniel Lopatin, ingentilisce la traccia di Reznor con un organo, cori chiesastici e arpeggi digitali che ne enfatizzando la drammaticità e l’estasi. Un momento di pace in coda a un disco meraviglioso, androide, algido, inquieto come il sibilare della rete e dei suoi server.
M.I.A. – Come Walk With Me
Mettete insieme American Graffiti, techno, musica mediorientale e il suono della barra del volume di un Mac, il tutto nella maniera più inelegante possibile. Nel suo quarto disco “Maya” Arulpragasam rimane ribelle, diretta, intelligente piegando il meglio dei produttori della scena al suo stile, evitando il rischio di conformarsi alle regole. E anche se i risultati non sono quelli di /\/\ /\ Y /\, “you can’t help but be glad it exists” (“non puoi fare a meno di essere felice che esista”, Alexis Petridis, «The Guardian»).
Volcano Choir – Comrade
Secondo album frutto della collaborazione tra Justin Vernon (Bon Iver) e i membri della formazione post-rock Collections of Colonies of Bees. Nel brano è evidente il marchio di fabbrica di Vernon. Elegia, esplosioni improvvise, lirismo. Roba da restarci secchi
I Cani – Corso Trieste
Il quartiere Trieste è un’area piuttosto elegante e borghese di Roma, lì c’è il liceo Giulio Cesare, al limitare del corso ci sono le belle case col cortile, i pini marittimi in mezzo al traffico e gli studenti che tornano a casa da scuola. Contessa continua a raccontare una Roma diversa da quella vulgata e scollacciata da esportazione, e lo fa con il suo tono consueto, in bilico. Lo fa con un album che evita critiche, invidie, incertezze, e punta dritto ribadendo la propria misura, arricchendola e liberandola dall’accidentalità dell’esordio, senza perdersi o snaturarsi. I chitarroni sono dei Gazebo Penguins. Insomma, alla fine della fiera, stàtece.
ENRICO CALLIGARI
Nick Cave & Bad Seeds – Higgs Boson Blues
La canzone del 2013, scritta quando Higgs non era ancora un bosone e Miley Cyrus era ancora vergine
M.I.A. – Bad Girls
Alla faccia del “live fast, die young” il brano gira ormai da un anno senza sosta e non perde colpi di ammiccamento. D’altronde bad girls do it well.
Paul McCartney – Early Days
Un Paul a la Johnny Cash in un piccolo memoir in black. Canzone deliziosa e senza tempo che fa bene al cuore.
Young Fathers – Mr Martyr
Potrei dire Clouddead incontra Tv On The Radio, ma dirò solo: negri col kilt.
Volcano Choir – Comrade
I boschi di Bon Iver iniziano a pullulare di insetti. Una primavera di suoni in un tripudio di polline. Non è roba per allergici.
Noyz Narcos – Attica
Brano manifesto di uno dei figli reietti di Roma “Se qualcuno ancora si commuove pe questa generazione non c’ha chiaro il punto della situazione”
Kurt Vile – Wakin On A Pretty Day
Nove minuti e mezzo che scivolano via come un soffio. Un altro Kurt citava Neil Young nel suo addio al mondo, questo lo invoca a colpi di vita.
Anna Calvi – Sing To Me
Ballata in chiaroscuro da scena clou di film cult, ha una tale potenza evocativa ed intensità che trascende le immagini.
Moonface – Everyone Is Noah
La sfida di Spencer Krug: nascondere canzoni incredibili sotto veli sottilissimi di tedio, che si dissolvono ascolto dopo ascolto
VINCENZO DE LUCIA
Pixies – Andro Queen
La prova che l’unica cosa che serve ai Pixies per fare buona musica è quell’estro stravagante che li ha sempre caratterizzati.
Tyler, The Creator – Answer
Produzione impeccabile e immediatamente riconoscibile, strofe oneste e articolate; un simile combinazione di candore e originalità nel rap è più unica che rara.
Altro – Nome
Semplice e diretta, si fa notare in un panorama musicale sempre più pretenzioso.
Childish Gambino – Zealots of Stockholm
Solo una tra le tante sorprese del disco nuovo di Gambino, questa però sembra la più emblematica dell’evoluzione rispetto ai lavori precedenti.
The Uncluded – Delicate Cycle
Una favola del ventunesimo secolo, sapientemente raccontata dalla tanto improbabile quanto azzeccata combinazione di Aesop Rock e Kimya Dawson.
Mac Miller feat. Action Bronson – Red Dot Music
Qui non si prova a reinventare la ruota, ottime rime di Mac e Bronson su un ottimo beat di The Alchemist.
Earl Sweatshirt feat. Vince Staples e Casey Veggies – Hive
L’agilità lirica di Earl è ancora più impressionante su un beat ridotto all’osso.
MARCO BACHINI
Haerts – All the days
Una canzone normale non potrebbe permettersi un intermezzo come quello che spacca in due All The Days perché una canzone normale ne verrebbe fagocitata. E una band normale con quel break ci farebbe una cosa a sé, specie se all’attivo avesse materiale per solo un EP di 4 tracce.
Arcade Fire – Afterlife
Il primo singolo di Reflektor è sembrato tanto “una cosa di James Murphy”. Afterlife no. Afterlife è la rappresentazione perfetta di come può proporsi oggi la band di No Cars Go e Rebellion (Lies) dopo le attese, le ospitate, i tour, i simboli sparsi in giro e le nostre infinite chiacchiere.
Pure Bathing Culture – Pendulum
C’è il senso melodico dei Fleetwood Mac ma nulla di revivalistico. E nessuna scena a cui appartenere. Solo un modo di fare piccole canzoni che prendono prima una via e poi un’altra. Come se i due di Portland non le sapessero domare, da quanto quelle piccole canzoni sono cresciute.
Foals – My Number
Il singolo di gomma del 2013, ma detto in senso più che buono. Rimbalzino e rotondo nella strofa, nel ritornello, nei riff e nei suoni. Ha mosso e muoverà ancora.
Blood Orange – You’re not Good Enough
Di Dev Hynes si parla tanto. Per i suoi cambi di brand, per il legame con Samantha Urbani dei Friends, per la brutta vicenda dell’appartamento in fiamme. Ma il segno grosso nel 2013 lo ha lasciato con questa canzone degna del Prince migliore. .
John Grant – Pale Green Ghosts
In vetta a molti listoni di fine anno. Ma lo si capì da subito, quando materializzò sotto questa forma electro e buia il seguito dell’esperienza intimista di Queen Of Denmark. E dunque Grant è intimo, personale e sincero anche quando si veste di sintetico.
Toro y Moi – Rose Quartz
Con il suo terzo album, Chaz Bundick fa solo capolino in modo timido nelle poll. Forse perché il disco è uscito troppo presto e il video che promuove Rose Quartz troppo tardi. Tempi sbagliati? No, tempi giusti, dilatati, morbidi e caldi come mai prima d’ora.
EUGENIO LOSTUMBO
Autre Ne Veut – Counting
Voce e piano, è tra le cose migliori che siano successe quest’anno, in generale.
Kanye West – Black Skinhead
Disco discusso, singolo discusso, video da paura, danza primordiale, sudore, bomba atomica.
Mezzosangue – Soliloquio
Cani in strada senza manco più traguardi.
Noyz Narcos – My love song
L’amore ai tempi del pompelmo facile.
Robin Thike feat. Pharrell Williams, TI – Blurred Lines
Un po’ Prince, un po’ Jerry Calà.
Rihanna – Pour it up
La traccia dell’anno per ballare come i negri moderni: ill singolo.
DEMOCRAZIA PLAY TOP – by Giovanni Papa
Electric Sarajevo – A revelation
Giangrande – Bad Dream
Gli Ebrei – Scatola Nera
Monsieur Voltaire – Ray Land
Supertopaz – Supertopaz VS the Three Storms
Kill your boyfriend – Xavier
Dieciunitàsonanti – Le case dove vivevamo