Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
7 Ottobre 2014 | merge | caribou.fm |
Va bene, andiamo dritti al punto: Dan Snaith ha deciso scientemente di restare sulle alte quote di Swim. E se questo lo renderà antipatico, prevedibile, fortunato e miracolato crediamo che se ne farà una ragione. È sempre meglio che fare un disco mediocre dopo un disco bellissimo, sapete. Our Love sembra costato zero fatica; entusiasmo globale sui primi pezzi anticipatori, presenza di ospiti importanti ma per niente ingombranti, un tratto ritmico che incontra il versante melodico in modo ormai automatico e avanti così.
Our Love è un’opera compatta (nel senso di una sua coerenza), ipermelodica, che suona bene anche quando i beat devono sembrare un podcast di radioqualcosa a 128k. Anche quando il disco assume forme piuttosto facili e dirette – I Can’t Do Without You – così come – All I Ever Needed – si è sempre qualche metro più “in qua” rispetto ai confini di un’elettronica troppo piaciona. Quanto agli ospiti, essenzialmente sono due: Jessy Lanza e Owen Pallett. Del secondo si è detto e scritto per il suo lavoro con gli Arcade Fire, per quello da solista e per la sua funzione di catalizzatore dell’emotività nel film ‘Her’. Della prima si è detto molto meno e si è fatto male perché Jessy Lanza (voce in Second Chance) è una producer, dj, cantante, compositrice che rappresenta meglio di ogni altra una categoria di artiste che non inizia una cosa se non ha chiaro in testa tutto il prodotto finito. Sì, quasi un alter ego femminile di Caribou, pure lei canadese. Un dettaglio, quello geografico, non di secondo piano quando si fa un discorso che mette insieme Arcade Fire, emotività, impronte orchestrali, elettronica, progettualità, dischi rotondi e pieni. Insomma, tutte cose ben associabili alla bandiera con la foglia d’acero. Il livello delle canzoni si mantiene altissimo per tutti i quarantadue minuti (né tanti, né pochi), anche nelle tracce più brevi e di collegamento. E poi un discorso a parte lo merita ‘Back Home‘.
Ecco, così come dicevamo che Burial potesse essere/non essere/sembrare Kieran Hebden, questa bomba piazzata verso la conclusione dell’album ci permette di scherzare per un secondo con l’idea che Jay Paul (quello di Jasmine, per capirsi) sia/non sia/sembri Dan Snaith. Invece, dell’esperienza di Dan nei panni marcatamente orientati alla dance (leggasi Daphni) non sembra esserci enorme risonanza in Our Love e lo si può anche considerare un bene perché testimonia di nuovo una capacità ingegneristica di mettere insieme le parti che si legano e tenere distinte quelle che vanno distinte. Cose da antipatici che non ne sbagliano mezza.
[schema type=”review” name=”Caribou – Our Love” author=”Marco Bachini” user_review=”5″ min_review=”1″ max_review=”5″ ]