Attitudine e visual
Il Bronson, che si trova in Via Cella, 50 a Madonna dell’Albero, Ravenna, è un club che fa parte del circuito creato da Chris Angiolini BronsonProduzioni (che comprende la location estiva Hana Bi e il Fargo, in centro a Ravenna) per promuovere l’organizzazione di eventi musicali tra folk, indie, rock’n’roll, drones, electro, post-punk e underground. Un vero punto di riferimento con un’ottima programmazione live invernale ed estiva. Cristina Donà sale con i suoi tre musicisti su un palco allestito a regola d’arte, tra le luci blu elettriche, accolta dall’applauso del pubblico, vestita in maniera sobria ed elegante, giacca e longuette, stivaletti, imbraccia la chitarra. Intensa fin da subito, si capisce immediatamente la complicità con Saverio Lanza (piano e chitarra), che la affianca, nelle vesti di coautore delle musiche e in quelle di produttore, già dal 2010. Le fa da spalla, con sguardi di complicità e grande mestiere, mentre il concerto diventa una sorta di storytelling del disco, commovente e leggero, surreale e magico. Brividi e calore.
Audio
Impeccabile. Lo spazio da rock club anni 90 è perfetto per un live come questo, che si muove tra atmosfere più acustiche e intime e parti più elettriche e ritmate. Nella sala il pubblico è numeroso, raccolto e perfettamente a suo agio. Si vede e si sente bene, ci si può avvicinare al palco e starle più vicini. La capacità di creare empatia, dalla prima fila all’ultima, è il suo dono naturale.
Setlist
Il concerto è come un’onda, un movimento perfetto tra le canzoni del nuovo album e quelle più datate, tra sonorità cariche e momenti più raccolti. La sua voce è potente ed evocativa, sempre calibrata, urlante o sussurrata, a tratti quasi esitante, non c’è scampo, ti entra dentro.
Momento migliore
Quando dopo i primi pezzi fatti tutti d’un fiato comincia a raccontare, e lo fa in particolare introducendo Stelle Buone, dedicata a un amore appassionato, e Perpendicolare, dedicata al figlio, ce lo confessa quasi con timidezza. La prima con un attacco di chitarra che toglie il fiato, la seconda con un sacro e religioso senso di silenzio che sembra quasi di stare in una cattedrale. E poi il lungo sospiro al microfono prima di Goccia.
Pubblico
La platea è giovane e la ama. Partono i coretti (anche da stadio), la platea chiede i bis e canta insieme a lei la magica Universo, in acustico. La sensazione è che lei ci stia guardando bene, uno a uno, e forse è così, a un tratto riconosce una musicista tra il pubblico, è IO di IO e la Tigre, la saluta.
Locura
La sua sottile autoironia bilancia i toni sentimentali. Le piccole gag con i musicisti, tutte molto spontanee, sempre nella forma del racconto delle loro avventure “on the road” e nei retroscena domestici del “making of” del disco, contribuiscono a coinvolgere il pubblico in un clima di svagata familiarità.
Conclusioni
Nei concerti di Cristina Donà c’è lei con la sua passione e la sua purezza. Ci insegna che il respiro, la musica, il desiderio e la poesia tengono in vita. Si raccomanda di stare attenti sulla strada del ritorno. Mentre vado alla macchina penso che l’ultima volta che mi sono sentita così a un concerto è stato quando ho visto la splendida Shannon Wright.