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12 Gennaio 2015 | Domino | PandaBear.com |
A Noah Lennox piacciono le atmosfere, più che le narrazioni. Tutta la sua cifra stilistica si potrebbe anche riassumere in questo laconica e nemmeno troppo acuta affermazione. Da qui però si può partire in maniera tanto semplice quanto funzionale per affrontare la narrazione di ciò che di narrativo ha ben poco, ancora una volta, come in tutte le declinazioni della carriera di Panda Bear: l’orsetto in via d’estinzione in libera uscita dal collettivo animale che incontra qui – prima ancora che “Il Triste Mietitore” – un uomo venuto dallo spazio, o meglio un “fantasma” come si faceva chiamare Peter Kember nel suo primissimo progetto solista (Spectrum), che dopo essersi occupato del missaggio del precedente “Tomboy” qui passa alla produzione vera e propria. S’incontrano letteralmente, trovandosi alla perfezione lungo una matrice sonora d’evocazione spaziale. La loro è una ricerca del loop ossessivo, una danza spettrale lungo labirinti minimalisti capaci di purificare e decontaminare. La mano del produttore si avverte nel deciso cambio di passo rispetto al passato, mediante una costruzione dei brani ora basata su campionamenti di batteria e ritmi macchinosi costruiti su più livelli. Qualcosa capace di creare passaggi meno acquatici e più futuristici.
“You can’t get back/You won’t come back,/You can’t come back to it”
Oltre allo spettro di Sonic Boom, Panda Bear incontra “Grim Reaper“, ovvero la Morte. Curioso pensiero quello che vede Noah Lennox seduto al tavolo nel bel mezzo di una partita a scacchi con la tetra signora. Difficile impedire alla mente di andare verso il ricordo di quel ragazzo intento a spippolare su qualche sampler in bizzarri e colorati studi di registrazione assieme ad altri compagni di acide bisbocce.
Invece nel suo nuovo lavoro Lennox riversa tutta l’angoscia insita nello scorerre del tempo: la consapevelozza che non si può tornare indietro, la riflessione su un’età adulta sempre più responsabile e meno giocosa. Il posto adatto per fare il punto su di sé sul suo ruolo familiare di padre e compagno (“It’s all in the family”, ripete continuamente in “Tropic Of Cancer“), su ciò di cui si ha bisogno, su ciò di cui si può e si deve fare a meno.
“Get just what you need/Just what/Want more than you need/Want more/Dread follows that lead/Follow the lead”
Il tratto peculiare della personalità di Lennox è che in essa non vi è alcuna traccia riconducibile all’oscurità evocativa insita nella morte, non vi sono immagini che possano ricondurre direttamente a un travaglio interiore: la chiave è esorcizzare, depistare, sviare, fare uno scatto verso sentieri ben lontani da certi orizzonti. Anzi, persino rispetto alla sua conclamata miglior prova (“Person Pitch” del 2007) si fa un uso più netto di sample e Drum Machine: nell’intento di creare un ritmo robotico e incessante, ossessivo e alieno, destrutturato in loop e groove concentrici.
“Cancer for the Cure” diceva Mr. E: si sovvertono i meccanismi, si mescolano le carte in tavola, e a liriche dal contenuto esistenziale si accompagnano ritmi allegri e battenti: “Come quando devi dare una medicina a un bambino e cerchi di renderla meno amara” dice lo stesso Lennox in una recente intervista. Quello che interessa al nostro è esplorare il proprio mondo emotivo, la propria “psyché” che altro non è che l’anima o, ancor meglio, la spiritualità da lui studiata (ebbene sì!) grazie ad una laurea in Teologia.
L’anima psichedelica, difatti, non manca nemmeno in questo lavoro, e si concretizza soprattutto nella sua immaterialità, nell’essere brumoso, totalizzante e straniante. Panda Bear Meets The Grim Reaper è un magma policromo nel quale occorre immergersi, perdendo le coordinate spazio-temporali e abbandonando il raziocinio. Ci si immerge in esso esattamente come nelle acque profonde di un mare apparentemente tranquillo, grazie al fluttuante incipit di “Sequential Circuits” – non è un tuffo, non c’è nulla di adrenalinico né tantomeno terrificante (se si escludono quei latrati d’un cane in “Mr. Noah”) -, un consapevole ingresso all’interno di un mondo “altro” , un passaggio attraverso la tana del Bianconiglio che conduce a una diversa percezione di sé.
Ecco, questo pare essere “Panda Bear Meets The Girm Reaper”, una fiaba che nasconde significati esistenziali e riti di passaggio mascherati dal gioco. Prendiamo le due tracce centrali “Tropic of Cancer” e “Lonely Wanderer”, con la loro melodia rassicurante (con tanto di arpa e pianoforte a condire la voce rarefatta di Lennox) sembrano proprio pezzi usciti da qualche fiaba musicata, moderne versioni di qualche classico alla Prokofiev. Certamente le domande che si nascondono dietro questa nuvola onirica sono piuttosto inquietanti:
If you/Look back/Would you/Look back/What have you done?/Have you done/Have you, he said/What did you do?/Did you do/Did you, he said/How do you feel?/Do you feel/Do you, he said/Was it worthwhile?
Tra i migliori episodi, di sicuro ci sono i due pezzi scelti per promuovere il lavoro, “Mr. Noah” e “Boys Latin” che non a caso sono anche i momenti più sinistri (ma sempre ipnotici e provenienti da un’altra dimensione, non temete) lungo la strada percorsa assieme al Triste Mietitore:
“Dark cloud descended again
Has a dark cloud descended again?
Has a dark cloud descended again?
And a shadow moves in”
Sono queste le nuvole più tetre che incontriamo nel cammino: diradate, evaporate in quel fumo a tratti lisergico ed a tratti ludico, come solo Panda Bear sa ricreare. Se non siamo alle vette raggiunte da “Person Pitch” è forse per la scontatezza di alcuni passaggi, una mancata compiutezza di certi brani che vanno giudicati nell’insieme e non come singoli episodi. Resta però la sensazione di un lavoro non completamente riuscito: manca quell’intuizione creativa che dia forza e coerenza all’insieme, che lo renda appunto compiuto e chiuso. Alla fine quello che resta è l’abbandono dei sensi in un viaggio allucinogeno, delirante e spirituale: le porte sono aperte, il passaggio è preparato, ma la strada non è per nulla tracciata. Ci piace anche così, questo folletto imprevedibile, policromo e bizzarro travestito da orsetto Panda. E come si fa a non voler bene a un Panda Bear così?
[schema type=”review” name=”Panda Bear – Panda Bear Meets The Grim Reaper” author=”Patrizia Cantelmo” user_review=”4″ min_review=”1″ max_review=”5″ ]