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6 aprile 2015 | Carpark | toroymoi.com |
Chaz Bundick sforna un album dopo l’altro ad un ritmo forsennato. A livello di frequenza di uscite se la gioca con gli Hot Chip (inclusi i loro relativi progetti). E, come nel caso degli inglesi, anche lui sa mantenersi su un livello qualitativamente alto, se non altissimo. Sa essere credibile nelle sembianze technoidi di Les Sins così come in questa ennesima incarnazione a nome Toro Y Moi, forse la più organica. Diciamolo subito, What For? è un lavoro riuscito. Sembra figlio di una band e compimento di un’idea ben precisa che lo rende assai diverso sia da quel recente Michael (marchiato Les Sins, appunto) che da Anything In Return o dall’ep Freaking Out.
Attraverso il singolo “Empty Nesters” è reso chiaro l’intento di recuperare le strutture di Underneath The Pine: soft rock che sta bene su uno yacht, psichedelia, germogli soul, vintage europeo. E poi qualche ascesa simil prog, ma con leggerezza, con il garbo ormai tipico del personaggio che abbiamo imparato ad apprezzare, una volta constatato quali siano le facce che ci presenta a rotazione. Ed ecco che anche il piccolo difetto di quest’album si palesa in maniera repentina nel momento in cui capiamo che è arrivato il turno del disco rock, quello con la batteria dopo la fase sintetica. Se la domanda vale per Beck ce la possiamo porre anche a proposito di Toro Y Moi: perché, insomma, ci deve essere un Morning Phase dove non trova spazio un briciolo di follia rumorosa? Perché la musica da club non può mai infilarsi in un disco come What For?.
L’eclettismo della discografia di certi artisti è quasi azzerato in certi singoli passaggi del loro lavoro. E ad ogni modo, si deve riconoscere che anche se oggi cambiano i suoni in modo consistente, il tratto di fondo di Bundick resta magicamente lo stesso. “Buffalo” e “What You Want” conservano quell’identico sguardo da dietro gli occhialini tondi: acuto, un po’ divertito e sempre piuttosto leggero. La musica di Toro Y Moi funziona sempre come un’improvvisa ventata fresca su una faccia accaldata (gli venne applicata anche l’etichetta chillwave, ai tempi). Con What For? probabilmente non si balla ma quello di “Spell It Out” è un giro che swinga e ondeggia con l’etichetta DOCG stampata sopra. Forse è in assoluto una delle migliori canzoni di tutta la ricca produzione di Chaz. “Lilly“, invece, sembra introdurre un’atmosfera funky umidiccia ma è più una parvenza. Le ultime tracce continuano sul canale già segnato, fatto di scrittura adulta, di suoni rotondi da bottega artigiana e di ordinaria eleganza. Però il disco più bello di Toro Y Moi sarà quello in cui da una traccia all’altra si proverà l’emozione di un mezzo salto nel buio. Paradossalmente, per uno dal tocco così riconoscibile, quello più vario sarà anche il disco più coerente.