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31 gennaio 2015 | Go Down Records | ![]() |
“A Magic Theatre, For Madmen Only”
Prendetevela comoda e trovate la poltrona più confortevole di casa. Una birra, qualche incenso e “Cosmic Pyre” in vinile. Questa volta, lasciate spotify agli smartphone, alla frenesia urbana: noi dobbiamo andarcene da qui. Chiudete gli occhi e lasciatevi guidare nei meandri della galassia, volteggiando sorretti dall’anima del rock. Esplosioni di materia cosmica, nane bianche, meteoriti e silenzio glaciale. Poi ragionate sul fatto che tutto questo ben di Dio, viene direttamente da Vicenza, nello specifico dalla creatività di: Anita Formilan, Diego Pianalto, Giacomo Totti, Nicola Bottene, Nicola Tamiozzo, Nicolò De Franceschi. Esatto: c’è vita oltre i Verdena. E se avete davvero a cuore le sorti del rock nostrano, è da queste manifestazioni d’indiscusso talento che dovreste partire.
I Mother Island sono incredibili. Parola d’ordine: libertà compositiva. Equilibrio. Perché questo viaggio non sarà privo di turbolenze, d’impatti contro materiali granitici e di paesaggi alieni mozzafiato. In questo contesto, la desolazione tangibile all’interno delle pellicole di Andrej Tarkovskij, impatta sugli eccessi Pasoliniani, nutrendosi dei paradossi anticonvenzionali insiti nella pittura di Jacer Yerka. Tutto converge all’interno di questo esordio col “botto”, cesellandone l’estetica. Si tratti di Cinema, Pittura, Scrittura, Musica: in definitiva si tratti di arte.
Mother Island is a surreal, whimsical and lunatic space where six musicians resurface their primary and dawning influences
Le coordinate puntano dritto al periodo d’oro del Rock – ’60/’70 – prediligendo ancora un piglio analogico, qui lavorato in modo da non risultare mai derivativo in senso assoluto. Il primo estratto “Electric Son” (qui lo splendido video) mette subito le carte in tavola, ed i nostri si giocano: Grace Slick (Jefferson Airplane) e Stooges. Tanto per gradire. Poi si entra nell’orizzonte degli eventi. Più “Death Valley Summon” gira sul piatto e più ci si convince del fatto che non avrebbe sfigurato all’interno di “Heavy Deavy Skull Lover” dei The Warlocks. Psichedelia oscura, vampirizzata, affresco crudo di un viaggio cosmico. “Drag Along” del selvaggio paesaggio ne osserva le dinamiche di riproduzione – ricordate il rock degli Inglesi The Duke Spirit, quelli capitanati dalla splendida Liela Moss? Mentre “Night, Day And Night” adotta un certo piglio a là Wolfmother in salsa psichedelica. Sul finale “Parallels” ci ricorda, se ce ne fosse davvero bisogno, quanto i Pink Floyd con Barrett fossero decisamente un’altra cosa.
Spaziano i nostri, e possono permetterselo, forti di una Anita Formilan qui in stato di grazia. Potenti e sognanti, ci regalano dodici splendidi episodi per un esordio come da tempo non si ascoltava, nel nostro paese.