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30 giugno 2015 | Epitaph | officialrefused.com" | ![]() |
“Refused Are Fucking Dead” dichiarò la band nel 1998 quando si sciolse dopo l’uscita di The Shape of Punk to Come. Dopo diciassette anni, e dopo la rinascita live del 2012, gli svedesi sono invece tornai con l’album Freedom.
“Questa è una delle cose più radicali che abbiamo mai fatto, sia musicalmente che per quanto riguarda i testi.”
Ha affermato Il frontman Dennis Lyxzén in merito all’album. Nel disco permane sicuramente un approccio rivoluzionario che, nel sound e nei contenuti, conserva in parte quella patina d’ideologia anti-capitalista tipica del gruppo, ma si discosta anche a più riprese dalle produzioni precedenti.
Dimenticate dunque l’istinto radicale e la violenta urgenza espressiva di The Shape of Punk to Come, allontanate l’immagine di quella rabbia dura e immediata contenuta in This Just Might Be… the Truth, perché questo disco suona in maniera decisamente differente.
Freedom conserva chiari riferimenti musicali al passato della band come in Elektra – prodotta e scritta con Shellback assieme al brano 366 – che sembra vagamente strizzare l’occhio alle ceneri di New Noise. La grinta comunque non manca in questo lavoro prodotto da Nick Launay (Gang Of Four, Public Image Ltd., Nick Cave e Arcade Fire), anche se tutto viene spesso distillato e soverchiato da un’attitudine più “nitida” e meno ruvidamente feroce di quanto si possa pensare, mentre la vena selvaggia ed eclettica preesistente nel disco si nasconde tra le maglie di una forte pulizia sonora.
Ci sono brani d’impatto come la mefistofelica Dawkins Christ, che s’ispira con furia e ironia alla figura di Clinton Richard Dawkins, uno dei maggiori esponenti della teoria del nuovo ateismo e del neodarwinismo. Ci sono minacciosi effetti vocoder in Old friends / New war, ma anche alcune cadute di stile come in Françafrique, dove si reitera un titolo peraltro sbagliato, e in Thought is blood. Ci sono infine interessanti e oscure visioni gothic metal nel lento incedere di Useless Europeans.
Freedom segna in un certo senso un nuovo inizio per la band di Umeå che si affaccia in maniera più adulta alle sue produzioni musicali. Non è sicuramente il miglior album dei Refused, ma è un buon disco da ascoltare e che conserva forti slanci musicali anche se a tratti non sempre incisivi e messi totalmente a fuoco. C’è ancora qualcosa da dire insomma, mentre la libertà del titolo diventa sinonimo di uguaglianza e identità, ma in maniera differente rispetto al passato.
“Nothing has changed”, viene urlato in Elektra, anche se è ormai evidente che un qualche processo di trasformazione all’interno del gruppo è stato avviato.