Acquista: | Data di Uscita: | Etichetta: | Sito: | Voto: (da 1 a 5) |
6 Novembre 2015 | (4aD) | grimesmusic.com |
Prima di procedere, bisognerebbe capire se quest’ultimo disco della canadese Claire Boucher aka “Grimes” sia un atto di scherno nei confronti di chi con “Visions” l’aveva presa troppo sul serio, o se invece ci troviamo di fronte ad un’opera che rispecchia fedelmente la versatilità dell’artista. Forse, come sempre, la verità sta nel mezzo e nel numero di copie che si riuscirà a vendere.
“Art Angels” (4AD) è un disco di alternative pop che si fa carico di tutti i pregiudizi che si possono avere nei confronti del genere, anche se fondamentalmente sembra fregarsene. Parte con “California”, una semi ballata un po’ country (vedi Taylor Swift) e un po’ synth, che inneggia ad una terra sulla quale si trova sempre qualcosa da dire (vedi Lana del Rey). Si continua con l’esotica “Scream” che si avvale del rap della Taiwanese Aristophanes – ed i dubbi in apertura sembrano legittimarsi – e prosegue con “Flesh without Blood” – pezzo che potremmo ascoltare tranquillamente in un album di Kesha o chi per lei.
Non mancano esempi più “sperimentali”, come in “Kill V. Main”, costruita su una base electro che ricorda i Crystal Castles ma con Gwen Stefani alla voce. Ed ecco emergere, in questo frullato di ingredienti tutti più o meno monogusto, quella che sembrerebbe la fonte d’ispirazione attuale della nostra Grimes. Parliamo proprio della cantante dei No Doubt, i cui fasti d’inizio millennio sono riportati al presente grazie all’aiuto di un’altra rappresentante della musica indie pop come Janelle Monáe nel brano “Venus Fly”.
Un disco coerente nella sua incoerenza, perfettamente adatto ad ogni tipo di ascoltatore; qualsiasi delle quattordici tracce potrebbe essere passata dal dj di turno subito dopo David Guetta o Caribou. Non possiamo però negare che con questo “Art Angels” la nostra canadese dai capelli multicolor abbia anche mostrato destrezza nell’assemblare chitarre, tastiere e synth nell’intento riuscito di produrre, piaccia o meno, brani evidentemente orecchiabili, fregandosene dei soliti aristocratici e plasmando, con il suo stile, un lavoro capace di togliere il velo alle ipocrisie e accomunare finalmente hipster e tamarri.