Kanye West – The Life Of Pablo

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Abbiamo aspettato. Abbiamo aspettato molto prima d’imbastire un discorso su The Life Of Pablo. Un po’ perché c’erano troppi tweet e troppe stronzate che ci distoglievano dal contenuto musicale più stretto; un po’ perché ci sembrava un demo o un mixtape (e forse lo è). Nell’ultimo mese il novello “Gesù”, intenzionalmente o no (scommettiamo su un banale 50 e 50), ha fatto tutto quel che era possibile per dirottare altrove ogni semplice e rigorosa valutazione del suo disco/non disco. Stiamo parlando di un tizio che ha superato i suoi già alti standard di comunicazione confusiva.

A dispetto delle sacre origini, Kanye non rappa divinamente. Sui testi, così centrati sulla vita e sull’emotività dell’autore (insulti compresi), c’è ovviamente da ridire. Invece, con i suoni ci sa lavorare. Non è un’opinione che raccoglie l’unanimità ma secondo chi scrive, l’Yeezy producer ha sempre detto bene la sua e oggi lo fa ancora meglio. I campionamenti sono scelti e usati con una cura che è inversa a quella con cui “dichiara cose”. Le collaborazioni sono quasi infinite ma (incredibile) non debordanti: sono usate al meglio, a garantire un risultato nel quale si sente la presenza dell’ospite ma non si hanno grossi dubbi su chi sia il padrone di casa. D’altronde, Rihanna in “Famous”, The Weeknd in “FML” e poi ancora Hudson Mohawke e Kendrick Lamar aggiungono connotazioni importanti laddove sono coinvolti. Certo, come al solito in molte tracce si esagera con l’autotune e il suo pericoloso effetto tamarro-magniloquente. Ma è altrettanto facile trovare guizzi di genialità come nell’eccellente campionamento di Arthur Russell (“Answers Me”) su “30 Hours”: non un mero tappeto su cui far rotolare le rime. Quanto al pubblico, anche chi non dovesse avere l’hip hop fra le sue “tazze di tè”, può trovarsi comunque comodo con “Real Friends” o “Feedback”: anche mettendo da parte le liriche, il flow sta già nell’elettronica, spesso. “Wolves” (che ha già goduto di qualche ritocco) è una delle faccende più gotiche che siano state prodotte in questo pezzetto di 2016. E sta in un disco di Kanye West, pensa. Una parola, poi, va spesa per l’electro di “Fade” che non poteva chiudere questo lungo lavoro incasinato in modo più rigoroso e chirurgico.

Comunemente si confondono le carte per coprire qualcosa di poco riuscito. O almeno, chi ha sufficiente fiducia nei propri risultati ha anche zero motivi per buttarla in drammatica caciara. Magari nelle prossime ore usciranno ancora altre versioni differenti di qualche traccia, probabilmente anche migliorative. Ma non c’è bisogno neanche di questo. Perché per fortuna le cose belle di TLOP lavano via i peccati dentro e intorno a questo lavoro. Possibile che addirittura Kanye West sia un ottimo artista con poca stima di sé.