The Stooges – Fun House

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Un anno dopo l’omonimo debutto, gli Stooges tornano sulle scene con un album il cui obiettivo era semplice: mettere tutto a ferro e fuoco, come l’artwork ben lasciava intuire. La band del futuro Iggy Pop aveva ancora una volta colpito nel segno, riuscendo a realizzare un disco dalla carica così notevole, tanto che molte band punk in seguito sarebbero state loro debitrici, ma allo stesso tempo ragionato e con bizzarrie e notevoli sperimentali – che attirarono l’attenzione anche dell’altra metà colta della scena, quella dei Velvet Underground prima e di David Bowie poi.

I riff di Ron Asheton e il cantato a tratti animalesco di Iggy Stooge sono un gran bell’esempio di Proto-Punk, e gli Stooges possono, con ogni probabilità, vantarsi di essere la band più sfrontata, cattiva e irriverente dell’intera scena musicale. L’adrenalinica “Loose” vede Ron e Iggy sugli scudi mentre sparano il colpo di pistola che darà inizio alla festa – esempio di semplice ed efficace Detroit-Rock dalle venature Punk. Poi quell’urlo, quello che mischierà le carte in tavola, fornendo i nuovi standard di genere: è l’inizio di “TV Eye“, l’inzio di una festa pericolosa.

Un party casalingo finito male, forse per colpa delle droghe, o della perversione insita nei suoi partecipanti. La notte arriva a ruota grazie a “Dirt” e la title track “Fun House“. Spasmi Blues drogati e Proto-Punk qui scendono agli inferi galvanizzati dal sassofono di Steve McKay – qualcosa che deve aver colpito persino il loro mentore, John Cale. Fra queste due troviamo “1970“, anthem ribelle di cinque minuti dedicato all’anno di uscita del disco, sulla falsariga di quanto avvenne con “1969” per “The Stooges“, che a tratti ricorda.

Urla animalesche inserite in uno splendido delirio strumentale danno vita ad “L.A. Blues“: jam rumoristica che ridefinisce il concetto stesso di caos ragionato, talvolta al limite della cacofonia. Ultima e definitiva provocazione di una band che riesce a spiazzare l’ascoltatore in maniera tellurica. Una Suite che colpisce ancora oggi, nonostante l’orecchio dell’ascoltatore medio si sia fatto sempre più affine a certi clangori: difficile rimanere impassibili sentendola.

Dopo l’uscita di quest’album gli Stooges si sciolsero per problemi interni. La loro attitudine estrema e l’uso di droghe pesanti (come l’eroina) aveva portato la band sull’orlo del collasso. La reunion del 1973 permise agli Stooges di dare alle stampe un ultimo album in studio, lo splendido “Raw Power” – che trovate qui recensito –, congedo definitivo che lasciò non pochi rimpianti per una band sinceramente sfrontata, ma che in compenso era già riuscita ad entrare nella leggenda influenzando direttamente e indirettamente tutta la scena estrema che sarebbe venuta in seguito.