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ottobre 2016 | Tirreno Dischi / Believe Digital | nadarsoloblog | ![]() |
Semplice come sinonimo di autenticità, genuinità, naturale evoluzione delle parole e della musica che, rifrangendosi nella vita, espelle l’immediatezza schietta dei suoi contenuti. Il quinto lavoro in studio dei torinesi Nadàr Solo, giunto a due anni dall’uscita di Fame, è lo specchio personale e intimo dei nostri tempi, delle visioni infrante e cristallizzate nei desideri e nelle paure di ognuno di noi, negli amori e nelle guerre che dall’interno esplodono come ordigni impazziti sul mondo che ci circonda.
Rispetto ai precedenti lavori del gruppo, si avverte maggiormente una pasta melodica che sfiora il pop ma che continua comunque ad abbracciare attimi rock più ruvidi, impastati di graffi sonori dal retrogusto anni Novanta e dall’indole punk. La poetica dell’esistenza, senza filtri e artifici, dei testi di Matteo De Simone e la sua voce sghemba si mescolano così alle percezioni ritmiche di Federico Puttili, qui in veste anche di produttore, e al drumming incalzante e ben calibrato di Andrea Dissimile, che ha sostituito alla batteria Alessio Sanflippo.
Il disco – che vede anche le collaborazioni di Daniele Celona, Bianco, Alessio Sanfilippo, Filippo Cornaglia (Bianco, Andrea Laszlo De Simone, Niccolò Fabi), Orlando Manfredi (Duemanosinistra), Gigi Giancursi (ex Perturbazione, Linda And The GreenMan), Emanuele Via (Eugenio In Via Di Gioia), Marco Di Brino (Daniele Celona) e Andrea Boeti (The Waste Pipes) – racconta storie immerse tra malinconie delicate e velocità dai battiti aggressivi, profondità interiori e attimi intellegibili tra le parole e i suoni.
Marco ruggisce sulle prospettive di un futuro dai contorni oscuri; “Aprile”, nella sua morbidezza sonora leggera, cela una sorta di “mappa meteorologica” dell’animo con le sue variabili di scelte e possibilità. “Diamante” è una “valigia di sogni” che deflagra sul vivere, mentre “Il Coltello” rappresenta l’inquietudine più sincera. “Il Nostro Ritorno” alterna un’atmosfera quasi retrò ad aggressive ed elettriche impennate rock; “Weekend” è una fotografia terroristica di una tragedia. Ci sono infine immagini allegoriche come in Icaro, l’equilibrio precario dei sentimenti di Da un Altro Pianeta e la ballata acustica A Modo Mio, che plana sottile e morbida sulle speranze da custodire.
L’immaginario metaforico del disco diviene evidenza della realtà, semplice appunto, ma non per questo facile. La libertà e la maturità dell’album sta in questo: nel suo cogliere la complessità disarmante delle piccole cose, nel suo essere trasparente e diretto come l’immagine di copertina che, come un bimbo che nasce, un cuore che batte e una bomba che esplode, è un chiaro riflesso della vita vera.




