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24 Febbraio 2017 | Warp | childrenofalice.com |
Per quanto il suo nome risulti malauguratamente semi sconosciuto ai più – Julian House non è esattamente nuovo alla scena musicale – a quella prettamente inglese, quanto a quella mondiale.
Come designer, è infatti il creatore di alcuni iconici artwork, per capirci: la copertina di Exterminator dei Primal Scream è stata concepita proprio dal nostro – che ha collaborato in veste di grafico con molte altre band, Oasis e Placebo comprese.
Parte proprio dalla sua esperienza come grafico, il percorso per arrivare ad essere uno dei componenti dei Children of Alice.
Correva l’anno 1995, nel Regno Unito uscivano dischi come “Different Class” dei Pulp e “The Great Escape” dei Blur – e la Warp Records era appena emersa dal retrobottega di un negozio di dischi di Sheffield, che l’aveva vista nascere nel 1989. In questo contesto, in cui il Britpop la faceva da padrone, nacquero i Broadcast: e proprio James Cargill e Roj Stevens, rispettivamente bassista e tastierista della band, sono gli altri due componenti dei Children of Alice.
I Broadcast attirarono quasi da subito l’attenzione dell’etichetta britannica, e nel 1997 iniziò la loro collaborazione. Qui si inserisce il fondamentale apporto di Julian House al loro percorso, dapprima come designer della quasi totalità degli artwork dei loro dischi, che più avanti diventerà un vero e proprio contributo musicale.
Nel 2004 House fonderà The Focus Group – un progetto sperimentale basato su un mix di elettronica e musique concrète e nel 2009 con questo progetto parteciperà all’album “Broadcast and the Focus Group Investigate Witch Cults of the Radio Age”, uscito sempre sotto Warp Records.
Sono proprio le dinamiche di Witch Cults ad essere riproposte e sviscerate nel disco omonimo dei Children of Alice. La musique concrète ed i collage musicali del progetto The Focus Group vengono qui espansi ed accompagnati da atmosfere talvolta tribali (“Invocation of a Midsummer Reverie“), talvolta rarefatte ed un tantino inquietanti (“The Harbinger of Spring“); mancanti di quell’apporto fondamentale che era la voce sognante di Trish Keenan – scomparsa nel 2011, alla quale il nome stesso della band è dedicato –, ma non per questo incomplete.
Nel complesso un disco nostalgico ma non triste – che pesca a piene mani dal percorso artistico di entrambi i progetti coinvolti ma senza ripetersi – suggellando il sodalizio in un lavoro più maturo, ed intrigante al punto giusto da lasciar presagire allettanti sviluppi.