- La nostra “Peter Pan Partenopea” incontra, per pochissimi minuti, Rocklab al termine del sound check sul palco del Teatro Kismet di Bari. Meg e i suoi “audioricordi” per spiegare con fierezza le sue preziose scelte sonore e lo scontato destino delle donne che “sperimentano”.
Rocklab: Mi racconti come hai trascorso questa pausa creativa e come e quando è scattata la molla che ti ha portato alla produzione di un album solista?
- Meg: Tutto è iniziato approfittando della pausa che i Posse si sono concessi, quando ho iniziato a pensare come meglio trascorrere quel periodo, in cui potevo dedicarmi a tutto quello che c’era nella mia vita prima dell’esperienza Posse. Potevo scegliere se continuare a fare musica da sola o terminare gli studi universitari. Ho scelto la musica ovviamente e ho trascorso questo periodo scrivendo, componendo, sperimentando sezionando la musica in ogni sua parte.
- R: Come mai in un periodo come questo, di grande fervore politico e sociale, tu e i 99 Posse, siete fuori dalle scene?
- M: La nostra è stata un’ esperienza durata oltre 10 anni. Un periodo di vera e propria convivenza familiare. Era arrivato il momento di allontanarci e seguire le nostre esigenze personali. In effetti forse questo sarebbe stato il momento più favorevole per far sentire la nostra voce e magari fare un altro disco. Avrebbe sicuramente avuto un impatto molto forte, considera però che il gruppo non ha mai rispettato alcun tipo di regola creativa e ancor meno alcun tipo di scadenza, specialmente nelle uscite degli album. Quindi l’unica consapevolezza che avvertivamo era seguire e capire i nostri bisogni individuali.
- R: “Multiformi espressioni artistiche” hai dichiarato. Un concetto che rimanda a pittura, poesia, teatro, immagini. Allo stesso tempo un concetto che si distacca completamente dai tuoi precedenti artistici più noti, ma che in realtà trova le radici già nella tua primissima infanzia fatta di musica ed arte a 360 gradi. L’esperienza con i 99 Posse ad oggi la dobbiamo intendere come un fase di transizione, un ‘esperienza casuale?
- M: In realtà fa tutto parte dello stesso percorso artistico, dello stesso vissuto. Nel mio patrimonio genetico di ascolti musicali, così come ci sta il jazz, la musica classica, il pop dei Beatles c’erano anche le canzoni di protesta che ascoltavano i miei genitori. Fa tutto parte del mio dna e tutte queste cose coesistono dentro di me in maniera complementare. All’interno dei Posse io usavo un tipo di scrittura più esplicita, ma anche un tipo di scrittura che più si avvicinava a quella che sto usando adesso. C’era già questa componente mista. Forse Luca (Persico) aveva uno stile più diretto e sempre molto esplicito. Io invece andavo a sperimentare quello che era già nelle mie corde.
- R: “Olio su Tela” è un pezzo che si può chiaramente definire una forma di “scrittura pittorica”. Come è nata l’ispirazione e quindi il testo?
- M: E’ nato dall’osservazione di un quadro. Ho iniziato a guardarlo intensamente in tutte le sue parti, in tutti i suoi aspetti. Quindi ecco l’aratro, il grano, i contadini ed il loro sudore. Ad un certo punto il trasporto è stato tale che ho iniziato ad immaginare di riuscire a percepire anche quello che era nella mente di quei soggetti ritratti. Le preoccupazioni e le angosce di padri di famiglia lavoratori instancabili che “impacchettano” speranze per delle figlie che invece sognano di abbandonare quanto prima una terra fatta solo di sacrifici, sudore e lacrime. In effetti il pezzo è nato immaginando una storia che conosco bene e che corrisponde poi ad una realtà abbastanza comune per chi vive nel Meridione.
- R: Quali artisti ti hanno segnato in maniera incisiva?
- M: Mi hanno chiaramente segnato in maniera incisiva ascolti come Prodigy, Massive Attack, Portishead, Tricky, Roni Size, ancora prima Laurie Anderson negli anni 80, Kraftwerk. Tutte cose che dentro di me coesistono e mi influenzano in tutto quello che faccio.
- R: Il paragone con Bjork, specialmente con la Bjork di Medulla è abbastanza evidente e inevitabile. Non temi che il tuo lavoro possa essere superficialmente considerato solo un tentativo di imitazione?
- M: Assolutamente no. Lo prendo come un complimento. Una delle poche cose carine che i giornalisti possano essere capaci di dire. Anche la scelta di inserire nel mio sito il link che riporta al sito ufficiale di Bjork, rimanda alla stessa scelta di inserire una serie di siti di artisti che io stimo e Bjork fa chiaramente parte dei miei ascolti da quindici anni a questa parte. Ma così come tutta la musica che ha dato una svolta al corso della musica in Europa. Probabilmente una cosa che immagino riporti alla questione Bjork è che essendo lei una pioniera della sperimentazione, mescolando musica elettronica a musica suonata, chiaramente risulta come punto di riferimento. Poi c’è il fatto che lei ha un modo di cantare molto emozionale e forse in questo siamo simili. Oggi sono tutti portati a paragonare Bjork con qualunque artista. Da Emiliana Torrini a Tujiko Norico, appena mettono il dito su una tastiera e cantano vengono considerate imitatrici di Bjork. Per cui no, la cosa non mi preoccupa anche perché è un po’ il destino di tutte le cantanti donne che provano a fare un minimo di sperimentazione. Forse arriverà un giorno in cui sarà normale. Ciò non toglie che mi rendo conto che per un giornalista sia anche una necessità fare paragoni. Ci sono dei punti di contatto sicuramente, ma non ho paura di sentirmi un’imitazione.