Dopo avervi recentemente parlato di questo splendido duo girovago, amante della natura e della buona musica, abbiamo deciso di intervistarli per approfondire ulteriormente le sfumature di una storia inusuale, da sogno potremmo dire. Ecco a voi Valentina Criscimanni e Sergio Ferrari aka Orange 8.
La vostra è una storia particolare, nata forse da una serie di incontri felici. Sappiamo che tutto parte dai primi approcci vocali di Valentina, proposti al termine di cene organizzate (diciamo così). Cosa rimane di quella ragazza timida che magari si affidava a qualche bicchiere di più per mettersi in gioco?
Sicuramente rimane quella semplicità e quella purezza nello affrontare brani che nel tempo hanno avuto sempre più diversità nello stile e nella costruzione armonica; il bisogno di alcool per superare l’emozione dei concerti ormai fa parte del primo periodo degli Aranciotti!
Da quello che ci risulta, il vostro è stato un incontro nato grazie ad Umberto Fiore; qualcosa che poi è andato oltre alla mera collaborazione artistica. Se è corretto, gli avete almeno pagato una cena?
Eheheheh!!! Si è vero, è stato proprio lui a farci incontrare e dopo poco la nostra sintonia artistica si è trasformata in Amore. Ancora ci chiediamo quale associazione avesse fatto nella sua immaginazione per combinare questo incontro per noi fondamentale!
La vostra primissima ragione sociale era “AranciOtti”, si dice derivante dai vestiti di scena: cosa ricordate di quel periodo?
Tanta voglia di suonare dal vivo, anche nei posti più inaspettati e bizzarri! Tutto era nuovo e in effetti non avevamo ancora un nome d’insieme (eravamo Ziknie & Sir Joe), tant’è che durante un concerto al Fanfulla in cui eravamo per caso vestiti entrambi di arancione, dal pubblico è uscito il nome AranciOtti e l’abbiamo fatto nostro.
Ad un certo punto avete deciso di mollare tutto e vivere lontani dalle briglie della società – casa, lavoro etc etc –, cercando di entrare maggiormente in contatto con la natura. Vi ricordate quando e come avete deciso di fare questo passo?
Abitavamo in una casa a Roma che era un paradiso. Giardino, orto, focolare sempre acceso per feste, cene, prove e concerti con amici, conoscenti e anche solo passanti! In qualche modo quella bellezza ci teneva “fermi”. Così abbiamo deciso di provare a vedere cosa sarebbe successo prendendo quella bellezza e portandola in giro con noi, su quattro ruote anziché nelle quattro mura di una casa, lasciando così il lavoro e dedicandoci soltanto alla Musica e a tutto quello che le gira intorno!
Ci raccontate la genesi del vostro primo full length “Let The Forest Sing”?
E’ proprio nell’inizio di questo vagabondaggio! Sempre ospiti da persone diverse, ci siamo trovati spesso a suonare con menti e stili così disparati che ben presto abbiamo cominciato a registrare le session di improvvisazione che venivano fuori. Piano piano sono nate idee, spunti, che hanno viaggiato con noi e si sono evolute, fino ad arrivare alle orecchie di Fabrizio Greco dell’etichetta SceneMusic Records, che se ne è innamorato ed ha deciso di produrlo, nonostante il genere da lui pubblicato sia diverso.
Parlando del vostro nuovo lavoro, in sede di recensione ho particolarmente apprezzato la traccia omonima posta in chiusura. Se non sbaglio il brano è cantato in elfico, come nasce la scelta?
Più che una scelta è stata un’ispirazione! Questo brano è un’improvvisazione con Andrea Pulcini (Persian Pelican) e Giordano De Luca (Aguirre) e una volta in “produzione” non abbiamo avuto coraggio né voglia di cambiare una virgola dalla registrazione originale, ma abbiamo solamente ricreato l’intro dal finale facendolo passare su vari delay. Ci piaceva molto quell’atmosfera di incertezza dove ognuno di noi suonava senza avere nulla di già preparato, una scelta ormai rarissima, discograficamente parlando. L’atmosfera acustica, naturale, malinconica ed ipnotica ci ha fatto pensare ad un canto di elfi, un monito per avvertire che la Terra sta cambiando.
Sulla voce di Valentina ci sarebbe da parlare per ore, porgendo magari il fianco al gioco delle associazioni – con artisti internazionali. Invece vorremmo sapere quali sono le influenze, gli ascolti che hanno caratterizzato questo percorso di crescita vocale. Anche nell’ottica legata al raggiungimento di un proprio stile personale.
Tanti ascolti e soprattutto tante improvvisazioni in ambiti diversi hanno contribuito alla crescita ancora in atto della mia voce; anche l’assenza di studi canonici la rende anche per me ogni volta piena di sorprese. Tra gli ascolti che prediligo sin da adolescente ci sono i Lamb e lo scorso Novembre abbiamo avuto il privilegio di suonare in apertura a Lou Rhodes per la sua data romana: che emozione!
Sergio è invece l’altra metà della band, quella legata alla chitarra e ad un suono talvolta “Zappiano”: qui imbevuto di Psichedelia. Cosa faceva Sergio prima degli AranciOtti?
Essendo un pò più’ grande di Valentina ho scritto suonato e cantato (come Methel) in due album dei Methel&Lord usciti svariati anni fa, con live sotto forma di spettacolo con un poeta e danze. Poi ho collaborato con gruppi provenienti da varie parti del mondo dove oltre l’etnicità c’è sempre stata una ricerca nella psichedelia e nel free. Proprio il desiderio di Umberto Fiore di riproporsi come manager dei M&L ha portato tutto questo fluire di eventi.
La vostra musica contiene spesso messaggi legati ad un certo ritorno verso dinamiche di vita agresti, collegate a doppio filo con un rispetto per la natura quasi innato. In questo vi siete incontrati o la cosa è nata in seguito?
L’ Amore per la Natura e il rispetto per essa sono innati in entrambi. Per questo insieme abbiamo affrontato diverse letture e la nostra curiosità è stata attratta da filosofie neo-primitiviste che hanno ispirato soprattutto il testo di Arancio, la nostra unica, per ora, canzone in italiano!
In chiusura come sempre vi lascio liberi di sponsorizzare le prossime date, diteci dove possiamo trovarvi!
Prossimamente qualche tappa a Roma!!!
26 gennaio – Black Market
3 febbraio – Monk (apertura C+C=Maxigross con Miles Cooper Seaton)