Dark Lunacy – Forget.me.not

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Il ritorno dei Dark Lunacy è per me uno dei più grandi motivi d’interesse dell’anno: riusciranno a ripetere il grande successo ottenuto col loro meraviglioso debut, “Devoid”? Lo split “Twice” coi bravi Infernal Poetry, anch’essi attesi al varco, aveva fornito ottime indicazioni.
Il combo italiano ci presenta un lavoro che si muove entro le coordinate del predecessore, un death metal dalle forti tinte melodiche e goticheggianti ispirato dai guru Opeth e Dark Tranquillità, o anche i nostranissimi Novembre, ma non per questo privo di originalità e personalità: i Dark Lunacy ci sanno decisamente fare, anzi, mostrano di avere acquisito maggiore padronanza degli strumenti e personalità compositiva rispetto a un debut che già è stato un capolavoro, col suo originale e magniloquente recupero di melodie d’orchestra russe.
Il sound in particolare si è fatto decisamente più “metallico” e pesante, soprattutto grazie a un drumming eccelso oscillante fra il death e, in certi passaggi, il black metal norvegese; curatissima la produzione ed eccellenti gli innesti di voce femminile, la soave Bianca, i quattro archi e l’oboe, insomma, ci sono tutti gli estremi per dire che i Dark Lunacy siano riusciti a regalarci un nuovo classico.
La breve intro strumentale coi suoi scrosci di pioggia – leit motiv che attraversa tutto l’album – ci prende per mano, riportandoci nella “Madre Russia”, poi il growl di Mike, una voce davvero potente e da brivido, degna di essere paragonata ai due grandi Michal svedesi, Åkerfeldt e Stanne, ci segnala inequivocabilmente l’inizio di “Lunacyrcus”. Intermezzi melodici sognanti e delicati alternati a sfuriate tipicamente death eredi dei migliori At the Gates (sentire “Fragile caress” per credere!) o, ancora, Dark Tranquillity, sono le coordinate entro cui si muove questo magnifico “Forget.me.not”, album in cui il contrasto – di suoni e d’emozioni – svolge un ruolo fondamentale.
Le parti melodiche strumentali sono quelle maggiormente degne d’elogio: se in “Devoid” venivano principalmente riprese grandi sinfonie russe inserite meravigliosamente nel contesto, qua si tratta di composizioni totalmente originali, ma raffinate e emozionanti almeno quanto le musiche da cui vengono ispirate. Melodie fredde quanto la Neva ghiacciata d’inverno ma proprio per questo deliziosamente sublimi, atmosfere squisitamente invernali cariche di emozioni malinconiche e nostalgiche.
Scegliere fra un qualsiasi pezzo di quest’album mi è semplicemente impossibile, “Forget.me.not” mi dà l’impressione di essere semplicemente perfetto, ogni canzone, ogni singola melodia, tutto al proprio posto… le preferenze varieranno semplicemente a seconda del gusto o della bellezza dei testi; se proprio devo dire la mia, la triade “Defaced”, “Serenity” e “Fiamm” è semplicemente sublime, ma le altre non sono affatto da meno. La durata media dei singoli brani è di sei minuti circa, brani che, strutturalmente, ricordano molto lo “stile Opeth” dei primi album.
Semplicemente un capolavoro made in Italy, originale e personalissimo. Sconsigliato solo a chi non amasse il metal e, in particolare, il growl: quello di Mike è semplicemente impressionante!