The Provenance – Still at arms length

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I the Provenance sono un quintetto svedese giunto al secondo album, per la nostrana Scarlet Records, e dedito a un gradevole gothic metal. Già, gradevole… questo “Still at Arms Length” è un album che si lascia ascoltare assai volentieri e ci mostra un gruppo con delle ottime potenzialità, che però non devono ancora far gridare al miracolo.
Ho letto di accostamenti assurdi fatti nei confronti di questo gruppo: Amorphis, Sentenced, Lacuna Coil, The Gathering ma soprattutto Opeth. Personalmente trovo alcuni di questi questi paragoni davvero delle sparate, ma altri sono già più azzeccati. La cantante, Emma, ricorda abbastanza Cristina Scabbia dei Lacuna Coil, ma perde nettamente nel confronto ed è nettamente imparagonabile con una Anneke o una Liv Kristine… non che abbia una voce così pessima, ma a differenza delle cantanti citate suona decisamente fredda e distaccata rispetto al resto dell’esecuzione, un peccato visto che l’album grazie a questo perde decisamente. La ragazza tuttavia si rivela in compenso assai brava al flauto e ai synths. La voce maschile di Tobias si ispira al buon vecchio Mikael Stanne, ormai uno dei modelli assoluti nella scena svedese, mentre la chitarra di Joakim mi fanno venire in mente My Dying Bride e At the Gates nelle parti più metal, mentre per gli arpeggi melodici mostra una chiara ispirazione Opeth.
Non fraintendetemi però: finora vi ho parlato dei The Provenante come di un gruppo che prende ispirazione dai principali guru del genere, ma in realtà si tratta di ottimi musicisti dalle potenzialità davvero enormi, che devono solo affinare un po’ il sound e cercare di essere personali il più possibile, poiché sono questi gli episodi meglio riusciti dell’album, quelli in cui riescono maggiormente ad esser sé stessi.
L’inizio dell’album, infatti, non è certo dei migliori: nei primi due pezzi “Climbing Ideals” e “Tearful, bitter and broken” ci sono troppi cliché del genere che ne limitano fortemente l’impatto emotivo, rendendole purtroppo episodi trascurabili nel complesso dell’album.
In “Carousel of descent” e nella strumentale “The Andbeg Experience” il discorso cambia, qui il gruppo riesce ad esprimersi al meglio e l’ottimo uso del flauto ne fa due pezzi davvero unici, da ascoltare sicuramente. Anche la traccia 5, “Mimie”, è un ottimo pezzo, Emma si esprime al meglio e sembra di assistere per davvero ad un ipotetico duetto Dark Tranquillity – Lacuna Coil.
“At random choose” è il pezzo più metal dell’album, in cui si sente tutta l’influenza del death/thrash di matrice svedese, senza per questo rinunciare alle melodie.
“World of hurt” è un brano che riprende alcuni momenti strumentali tipici del doom inglese anni ’90, scadendo però ancora nell’errore della poca personalità riproponendo i soliti cliché senza amalgamarli troppo bene, forse il peggiore momento dell’album. “At arms length” è un buon pezzo conclusivo, in cui l’unica pecca è a mio avviso la voce di Emma, che anche qui non riesce affatto ad amalgamarsi col resto del gruppo.
Cosa dire in definitiva di questo “Still at arms length”? Un buon album gothic piacevole da ascoltare uscito a fine 2002 ma da considerarsi ancora attuale. Vi sono ancora delle cose da limare in fatto di affiatamento e di voce femminile – credo davvero che i brani potrebbero trarre giovamento da una voce con migliori capacità interpretative, perché quella maschile di Tobias è davvero emozionante – di sicuro se ci riusciranno potranno produrre anche loro dei piccoli capolavori… di sicuro questo un capolavoro non lo è ancora.
Un album consigliato, si tratta di un combo che dimostra di meritare il nostro supporto, ma ricordatevi che nel frattempo è uscito di meglio in questi mesi…