Waits, Tom – Alice

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Un “album sorella” uscito contemporaneamente a “Blood Money”, ecco come è stato definito scherzosamente “Alice”. Una sorta di gemello diverso, in cui Tom Waits ci regala atmosfere assai differenti, esplorando il mondo della ballata folk e atmosfere jazz e blues dei primi anni del passato secolo.
Anche quest’album è stato concepito per fungere da colonna sonora per una piéce teatrale del 1992 , ispirata dalla vita di Alice Liddell, la musa che ispirò a Lewis Carroll il capolavoro “Alice in Wonderland”.
In “Alice” si respira un aria totalmente diversa, più romantica e malinconica rispetto al “fratello”, con maggiori momenti di romantica dolcezza e malinconia, come possiamo subito constatare nell’omonima title-track. Già in seguito, un fischio di nave in partenza ci introduce in “Everything you can think”, una sorta di canzone/filastrocca dove Tom recita la parte dell’orco dandole un alone sinistro, ma non troppo, in linea con il resto dell’album.
Il folk si sente tutto nella melanconica e delicata “Flower’s grave”, con la voce di Waits semplicemente commovente. Dopo la breve ma struggente “No one knows I’m gone” è la volta di “Kommienzuspadt”, dove il nostro cantore unisce un improbabile, pazzoide e aspro cantato in tedesco all’inglese, mentre il resto della band sembra quasi combattere una sorta di duello jazzistico; sono proprio tutti matti. Un’altra ballatona classica, “Poor Edward”, e poi è subito la volta di “Table tap Joe”, il pezzo più ritmato e vivace dell’intero album, grazie alle forti influenze jazz anni ’20, sì proprio quello che ha fatto da colonna sonora a tanti capolavori del muto.
“We’re all mad here” sembra essere un divertito proclama, ma il nostro eroe così pazzo poi non è: nella successiva “Watch here disappear” ci fornisce un’interpretazione semplicemente superba, capace di superare l’eccelso lavoro svolto finora, sicuramente il pezzo più intenso di questo piccolo gioiello. Ma non finisce certo qui, il nostro eroe ci regala ancora forti emozioni con le suggestioni di canti popolari in “Reeperbahn” e la commovente favola in “Fish and Bird”. Chiude questo capolavoro “Fawn”, breve outro strumentale che segue “Barcarolle” e ci delizia con un sublime duetto fra clarinetto e violino.
Un album che in definitiva suona meno teatrale del contemporaneo “Blood Money”, facendo leva su atmosfere più intimiste, Tom Waits ha composto due capolavori che nella loro grande diversità sembrano volersi completare reciprocamente, offrendoci assieme uno spettacolo semplicemente unico. Lo stile di questo grande artista è inconfondibile, vuoi per la voce da brivido, vuoi per l’eccelsa qualità dei testi e fa da tramite fra le due opere, che stanno l’una all’altra un po’ come il diavolo e l’acquasanta… diverse sì, ma non possono, non debbono fare a meno l’una dell’altra.
Riascoltando “Alice” non si può non rimanere stupiti delle capacità interpretative della voce di quest’uomo, che senza usare gli eccessi teatrali di “Blood Money” riesce a trasmettere emozioni incredibili ogni volta che apre bocca, qualunque sia lo stato d’animo che egli voglia esprimere. E ovviamente non si può non elogiare l’operato dei tanti, eccellenti musicisti (fra cui Stewart Copeland) che hanno avuto l’onore di collaborare a questo lavoro.
Un’opera senza dubbio imprescindibile, da ascoltare necessariamente assieme al “fratello”: sarebbe davvero un peccato separarli.