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Una copertina a tratti incomprensibile ma dall’alone inquietante, col suo gioco cromatico rosso/nero/argento dall’aria vagamente infernale già colpisce colui che prende in mano questo CD dei Neurosis dal nome apocalittico, “A Sun that never sets”. E’ tutto perfettamente programmato, un artwork che è un chiaro monito: se non amate l’oscurità, se quello che cercate non è un angoscioso incubo sonoro, una totale assenza di speranza, non avvicinatevi neppure alla penultima produzione in studio – il disco Neurosis/Jarboe è uscito da poco e vi sarà presto servito in sede di recensione – del combo capitanato da Steve von Till.
Una creatura bizzarra questi Neurosis, uno di quei progetti che rifuggono con orrore ogni schema classificatorio, ogni genere. Potremmo definirli dark, sicuramente questo è uno dei migliori aggettivi per descrivere la loro musica, oscurità totale e claustrofobica generata da un calderone infernale che unisce gothic, per le atmosfere lugubri e decadenti, industrial e noise, per i tanti momenti dissonanti, e infine doom, per la pesante, inesorabile lentezza con cui queste note inevitabilmenteincedono, quasi volessero dare inizio al giorno del giudizio finale.
Un sound basso, distorto e cupo è quello che caratterizza l’intero album, in cui fondamentale è il ruolo di Noah Landis ai synths e ai campionamenti, oltre alle percussioni di Jason Roeder – sicuramente i due musicisti che più danno al suono complessivo – una sorta di continuum interrotto qua e là dal cantato malinconico e disperato di von Till.
Forse da questa descrizione abbastanza sommaria vi sarà parso di aver di fronte un album monotono, ma non c’è nulla di più errato: i Neurosis sperimentano diverse bizzarre variazioni sul tema dando vita a un autentico concept nerissimo e pieno di finezze sonore atte a sorprendere, anzi, turbare l’ascoltatore.
Non analizzerò i pezzi singolarmente perché non avrebbe senso e nonrenderebbe giustizia all’intero album: ogni singola traccia, dalla nera intro “Erode” passando per la disperzione dannata di “Falling Unknown” e il rituale oscuro di “From where its roots run”, è un momento con una collocazione ben precisa di questa dissonante sinfonia nera e va considerata in rapporto all’insieme totale. In particolare, brani come “Watchfire”, “The Tide” e “From the Hill”, che mostrano una particolare continuità di musiche, mostrano come non abbia senso l’ascolto di un singolo pezzo: “A Sun that never sets” è un album di quelli che impongono il «prendere o lasciare», va ascoltato, vissuto interamente, ogni altra posisbilità è da escludersi, l’ascolto parziale è semplicemente improponibile perché toglie davvero molto al godimento dell’opera.
Con questa uscita del 2001 – per la Relapse – i Neurosis son riusciti a colpire nel segno, riuscendo a ottenere la consacrazione definitiva presso un pubblico amante della musica estrema, cui questa release è caldamente consigliata. “A Sun that never sets” resta in ogni caso anche per questi un album potenzialmente ostico e difficile da assimilare, a causa delle sue atmosfere e sonorità ossessive e pesanti e per la lunghezza complessiva che raggiunge la settantina di minuti. Ora che vi abbiamo avvisati, sta a voi…
L’unica cosa certa è che sarà una gran bella sfida.