Velvet Revolver – Contraband

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Una focosa dichiarazione d’amore all’hard rock. Ecco cosa rappresentano le tredici tracce che compongono “Contraband”, l’album di debutto dei Velvet Revolver il supergruppo nato dalle ceneri di Guns N’ Roses (brand che ormai appartiene al solo Axl Rose che, da dieci anni a questa parte, non fa altro che annunciare e smentire l’uscita di un nuovo lavoro), Stone Temple Pilots e Wasted Youth. In effetti viene quasi da ridere a parlare di disco di debutto perché la formazione dei VR è costituita da veterani del rock anni ’80-’90 come Scott Weiland (ex voce degli STP), Slash, Duff McKagan e Matt Sorum (tutti e tre ex GN’R) e Dave Kushner (axeman dei WY e della band di Dave Navarro). “Contraband” esce dopo un periodo di gestazione lungo 2 anni in cui il nucleo formato dagli ex-Guns, ritrovatosi per caso a jammare in un locale di Los Angeles, decide di tornare insieme per dare vita ad una nuova avventura e comincia a fare provini su provini per trovare un cantante. Con Weiland è amore a prima vista, nonostante i suoi problemi con le droghe: la neonata band non perde tempo e si chiude in sala prove a scrivere. La primogenita, “Set Me Free”, è un buon pezzo rock con una graffiante intro di chitarra in pieno stile Slash che riporta la mente ai suoni e alle atmosfere di “Appetite For Destruction”: il pezzo viene fatto uscire prima come traino per la colonna sonora del film “The Hulk” di Ang Lee e poi incluso in questa prima prova del Revolver di Velluto. Il cinema deve proprio piacere a Slash e compagni perché registrano anche una cover di “Money” dei Pink Floyd per la pellicola d’azione “The Italian Job”. Ma andiamo con ordine. “Contraband”, prodotto dal gruppo insieme con Josh Abraham (Limp Bizkit, Linkin Park, Staind), si apre con “Sucker Train Blues”, “Do It For The Kids” e “Big Machine”: tre rockettoni classici con un buon tiro che dimostrano come questo gruppo sia la perfetta commistione delle principali caratteristiche che erano proprie dei Guns e dei Pilots. Su una linea immaginaria con queste due band agli estremi, infatti, i VR si potrebbero collocare esattamente al centro. Weiland costituisce il vero valore aggiunto al sound proposto in questo lavoro perché riesce con naturalezza a conferire ai brani, con quel suo timbro ruvido sospeso tra rabbia e sofferenza e la sua attitudine da cocker maledetto, un taglio “alternative rock” rendendoli originali e pieni di sfumature. Ci si accorge di questo importante elemento non solo in pezzi duri come “Illegal i Song”, completamente incentrata sulla performance vocale, o il singolone “Slither” ma soprattutto negli episodi dove la band toglie il piede dall’acceleratore: ballate come “Fall To Pieces” (“Sweet Child O’Mine” è dietro l’angolo ma la canzone è dannatamente buona) e la stralunata “Loving The Alien” non sarebbero la stessa cosa senza l’interpretazione di Weiland.
In conclusione “Contraband” è un buon album di rock n’ roll duro e puro senza fronzoli, suonato con molta energia e convinzione da persone che si divertono un mondo a fare quello che fanno. Speriamo che Axl Rose non abbia mai l’occasione di ascoltare questo album: capire che si può scrivere un buon disco in poco meno di due anni lo potrebbe fare impazzire.