Matmos – The Civil War

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I Matmos, che già ci avevano dato prova del loro eclettismo con “A change to cut is a change to cure”, album composto essenzialmente con campionamenti di rumori da sala chirurgica, nel 2003 tornano con un totale cambio di registro: mettere in musica -attraverso un concept- un evento storico, per la precisione un determinato arco di tempo che va da dalla guerra civile inglese alla guerra civile americana, ben 200 anni di storia continua seppur su territori diversi.
Il disco è una sorpresa continua: tipico dei Matmos creare beats rubati all’ambiente, svuotarli totalmente del loro significato e dal loro contesto contesto e ricostruirli in nuove strutture ritmiche. Quello a cui non ci avevano abituato è apoggiarci vicino anche chitarre, cornamuse, tamburi, fiati, banjo, bassi, tutti confluiti in marce militari da un’atmosfera tra l’irreale e il claustrofobico (sarà forse merito dei campionamenti dei colpi dei fucili?).
“Regicide” apre le danze: marcia di guerra scandita inizialmente a suon di flauto, cornamuse e chitarra classica per poi spezzarsi in uno stupefacente momento elettronico. Durante i primi secondi sembra di essere davvero in un campo di battaglia a respirare quell’aria che annuncerà tra pochi momenti la carica. Il secondo pezzo, grazie all’uso delle cornamuse, ci trasporta direttamente nelle schiere dell’esercito celtico, e sembra quasi di veder marciare il nemico verso noi. Il punto più alto dell’album viene raggiuto con “Reconstruction”: dove prima c’era solo aria di guerra, c’era tensione e preparazione, qui tutto arriva al culmine e la battaglia esplode, tra uno sferragliare di campionamenti e beats, geniali aritmie e in lontananza momenti acustici: la lotta della musica analogica e di quella elettronica che sfuma in una sorprendente, quanto inaspettata melodia di chitarra slide.
Chitarre acustiche -quasi a volerci dondolare se non fosse per i colpi di artiglieria in lontanza- totalmente spezzettate in “For The Trees”, pezzo che chiude la guerra in Inghilterra e ci trasporta in America dove ne comincia un’altra: la storia si ripete mentre concettualmente il passato si affianca al presente servendosi di suoni molto più cupi, molto più elettronici arrivando perfino ad una non tanto velata critica nei confronti dell’America stessa tramite una rielaborazione satirica, da videogioco, dell’inno di Sousa. Chiude il disco “For The Trees (Reprise)” ninna nanna da guerra come la precedente, stavolta sorretta da una strabiliante melodia di pianoforte che annuncia, quasi con arresa, la fine dell’ennesima e ciclica guerra civile.
A volte purtroppo si nota un certo imbastimento di suoni che i Matmos costruiscono intorno al tema, a volte rendendolo dispersivo (“Pelt And Holler” in particolare, “The Stars And Stripes Forever”, “The Struggle Against Unreality” si tiene ancorata al tema dell’album per la sua cupezza, ma traballa un pò); ma di certo questo non gli toglie il titolo meritatissimo di uno dei migliori album del 2003.