PGR – D'Anime E D'Animali

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Con “D’anime e D’animali” i PGR lasciano quei territori semi elettronici del precedente – poco riuscito a mio avviso – album e tentano di tornare alla vecchia strada, percorrendola in maniera intimista e a pochi centimetri dal suolo. Perché i sopravvissuti del progetto (che dopo l’abbandono di Magnelli e della Di Marco diventa programmaticamente PG³R – Però Giorgio Gianni Giovanni Resistono) danno alle stampe un disco che è fortemente attaccato – come nei CSI di “Ko De Mondo” – alla terra, e come questa, diventa nudo, forte di un’urgenza espressiva cara ai vecchi CCCP, non dimenticando la lezione della nuova incarnazione: come invecchiare con dignità e personalità. Anzi, a dire il vero, invecchiati non sembrano per nulla: dai declami punk di Ferretti (“Vale più un cuore puro e un cazzo dritto d’ogni pensiero debole e piagnone” in Casi Difficili), al ritorno del basso squadrato di Maroccolo e delle chitarre sferzanti di Canali che riesce a confrontarsi benissimo sia con le orchestrazioni d’archi che con le influenze di sonorità popolari, si delinea uno sbocco che in pochi si aspettavano e speravano: vale a dire quello dell’elettricità sfrontata.
Il disco però non si nutre solo di questo, e come detto nelle battute principali, tocca terra: “Alla Pietra, 9 Luglio 2003” (che rimanda a quella “Fuochi Nella Notte Di San Giovanni”) comincia a porre l’accento a suon di organo su quelle che saranno le caratteristiche comprimarie del lavoro – “fottiti tecnica, vaffanculo impianto [..] comincia la festa, si suona, s’amoreggia stanotte, si canta si balla e si rimpalla” – mettendo poi a fuoco la nudità emozionale, successivamente rappresentata tramite l’intimismo elegiaco dei ricordi (“I Miei Nonni”, a rendere onore al passato con un Ferretti da brividi), la condivisione dei corpi e la loro simbiosi (“Tu e Io”, “Io e Te” ballads dai toni fantasticamente dolci e “S’Ostina” unico pezzo elettronico già potuto ascoltare nel lavoro solista di Maroccolo) o la crudezza sfrontata (“Cavalli e Cavalle”).
Una terra che odora di nudo (“Si Può”) e di corpi che tornano ad essere la centralità delle tematiche, di popoli e di lotte, di ideali traditi (“Orfani e Vedove”, fantastico nel suo incedere orientale e nella sua critica aggressiva alla politica attuale) e di ricordi; una terra che, come non mai, torna ad essere una vera questione privata, questione di chi resta (“P.G.G.R.”)
Aggressivo, intimo e irriverente: questa nuova incarnazione è un gioiello da tenersi stretto, da qualunque parte lo si voglia guardare.