DeVille, Willy – Crow Jane Alley

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La voce che Willy DeVille avrebbe pubblicato un nuovo studio album prima del Natale di quest’anno aveva iniziato a circolare si dal mese di gennaio, devo ammettere che da allora per me l’attesa è stata spasmodica; vuoi perché Willy è da sempre uno dei musicisti che più amo, vuoi perché dopo aver ascoltato il meraviglioso doppio “Live in Berlin” mi aspettavo che il suo nuovo lavoro in studio fosse un grande disco. Nel sopraccitato album dal vivo, e nella tournè che ne ha fatto seguito, avevamo potuto ammirare un DeVille in forma smagliante, dotato di una voce splendida e soprattutto di una rinata creatività. Devo però ammetter che “Crow Jane Alley” mi ha spiazzato: come ho già detto mi aspettavo un bel disco (d’altronde Willy di album brutti non ne ha mai fatti) ma non certamente un disco di questo livello. Willy è riuscito nell’impresa di conciliare in queste 10 tracce il meglio del suo repertorio. Mi spiego con più chiarezza: Il nostro è da sempre un “gitano” del rock, la sua è una musica varia e colorata che pesca influenze un po’ ovunque; DeVille ama il blues , il soul, il rock la musica latina, l’R&B e nei suoi album si trovano brani che sono più o meno orientati verso un genere o verso l’altro (senza però mai rinunciare al soul inteso non come genere ma come attitudine). In “Crow Jane Alley” è come se Willy avesse preso i brani più riusciti della sua lunga carriera e li avesse riletti in una forma nuova. In questo album troviamo blues sensazionali, grande ballate soul, struggenti atmosfere latine, dure sferragliate rock. 10 canzoni nuove di zecca che consacrano uno dei massimi interpreti della nostra musica. Va sottolineato che da qualche anno il nostro è tornato a vivere nella sua amata New York, e anche questo aspetto forse a contribuito a ricaricarlo, ma soprattutto ha subito la grave perdita dell’adorata moglie ed è proprio a lei che il disco è dedicato. Il disco si apre con “Chieva” e non poteva esserci inizio migliore: un chitarrina mariachi guida le danze accompagnata da una armonica blues cattiva e distorta ma su tutto si innalza la voce sensuale e roca di Willy, la melodia è allo stesso tempo forte e malinconica nel raccontare la storia di un amore perduto. Brano che , come tutto il disco del resto, guadagna sempre più ad ogni ascolto, l’armonica entra con brevi e fulminei inserti come un grido di dolore che squarcia l’andamento latino del brano. Favolosa. Il grande amore di Willy è però sempre stato il soul ( a mio avviso il nostro è forse il massimo interprete bianco di sempre, con il solo Boz Scaggs prima maniera che gli tiene testa) e “Right There, Right Then” è una sorta di omaggio a questa musica. Una di quelle ballate di cui il nostro è vero e indiscusso maestro, melodia splendida e coinvolgente e la voce di Willy che definire sensazionale è ancora poco, un brano tutto da ascoltare, con pochi strumenti ma “messi” nel modo giusto. Sicuramente dal vivo sarà un must perché una di quelle canzoni fatte apposta per esaltare le dota canore di Willy. “Downside Of Town” è un po’ la Spanish Harlem del 2004, è pregna dello stesso irresistibile mix di soul e mex con una fisarmonica malandrina in sottofondo , le nacchere, chitarrina maliziosa e quegli urletti che i fan del nostro ben conoscono. Sarò forse ripetitivo ma come non lodare per l’ennesima volta l’ugola di Mr. Deville, sentite come modula, come passa da un cantata denso e sensuale a uno più roco e pungente. Che canzone ragazzi, per me è già un classico! Ora all’appello manca solo una grande ballata pianistica ed ecco arrivare la struggente “My Forever Came Today”. Questa canzone dovrebbe essere fatta ascoltare ai giovani che vogliono fare i cantanti per insegnare loro come da una melodia sentita forse un milione di volte si possa estrarre una canzone meravigliosa. Se si ascolta questo brano senza la voce sentiremmo la base di mille canzoni d’amore e “My Forever..” sarebbe solo una delle tante ma…aggiungiamoci la voce di Willy DeVille e incredibilmente avremo tra le mani una song stupefacente, che arriva diretta al cuore. Questo vuol dire essere un grande cantante. La title track vede ancora il piano, ma questa volta molto più in stile New Orleans, in grande evidenza. La voce è roca e lenta, il soul è sempre lì ma un pochino nascosto questa volta, lasci più lo spazio all’anima da storyteller del nostro che sa creare un’oasi di pace come la sua voce ci guidasse lungo questo viaggio. A questo punto sorge una domanda: in un disco di WillY DeVille può mancare un grande blues? Assolutamente no ed ecco dunque “Muddy Waters Rose Out Of The Missippi Mud”e ragazzi credetemi questo si che un blues coi fiocchi. In questa canzone c’è l’ABC della musica del diavolo: una slide tagliente al punto giusto, l’armonica distorta e polverosa il tempo del classico SOL-SI e la quella voce che spunta diretta da un inferno popolato da diavoli, paludi e coccodrilli innaffiati da ettolitri di whisky di contrabbando. Molti non lo sanno ma in tempi non sospetti Willy Deville incise una versione di “Hey Joe” suonata in chiave latina, i maestri della musica fatta solo per denaro fecero finta di niente in apparenza ma capirono subito, da bravi avvoltoi, che quella era una idea geniale e così ci ritrovammo sommersi da ragazzini che cantavano facili melodie con ritmi di salsa e merengue e via dicendo. Willy non si è mai preso la paternità di tutto questo, lui ne è superiore, ma a me piace sottolinearlo perché ascoltando “Come A Little Bit Closer” si respira la stessa magia che emanava la sua “Hey Joe”, melodie spagnole, con nacchere e fiati e un ritornello killer che ti entra in testa dal primo ascolto proiettandoti direttamente in una assolata spiaggia del Messico. Sentire poi Willy che da fiato al sua immensa voce quando intona il ritornello, sopra al coro, è da delirio assoluto. A questo punto manca solo una cover ed ecco che il nostro ci presenta “Slave To Love”, la sua ne è una rilettura molto pianistica con un sottofondo di archi. Willy la interpreta in modo sensazionale ma a mio parere la song era debole nella sua versione originale e nonostante la maestri canora di Mr. DeVille (non ce ne voglia Brain Ferry) non riesce ad eguagliare il resto del disco. Rimane un brano piacevole nulla di più. Decisamente molto meglio il valzer tex mex di “(Don’t Have A) Change Of Heart”, anche in canzoni abbastanza anomale come questa la voce del nostro riesce sempre ad essere così dannatamente soul da entrarti dentro. L’album si chiude con “Trouble Comin’ Everyday. In A World Gone Wrong” un blues elettrico cattivo e potente, Willy più che cantare parla mentre le chitarre urlano in sottofondo. Canzone strana che mi ricorda un brano dell’ultimo album di Steve Earle, ne ha lo stesso tono impegnato e questo è certamente un merito.
Sicuramente “Crow Jane Alley” è uno dei migliori lavori di sempre del nostro, un album, vario colorato, intenso con canzoni che sanno suscitare grandissime emozioni, ti fanno ballare, piangere, sognare, sanno renderti allegro e farti riflettere. E poi naturalmente c’è lui, Willy, con la sua voce unica e ineguagliabile. Questo è il disco che volevamo da uno come Willy DeVille e lui non ci ha delusi regalandoci 10 canzoni di valore assoluto, splendido davvero.