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“Graveyard Mountain Home” segna il ritorno dei Chroma Key, progetto solista di Kevin Moore, latitanti da circa 4 anni. Trattasi del terzo album sotto questo nome, di sicuro il più lontano dalle reminiscenze progressive che, seppur sbiadite, aleggiavano soprattutto nel buonissimo e ormai lontano esordio “Dead Air For Radios”. Il nuovo credo di Moore è l’elettronica, la sperimentazione, e in questo album tutto ciò presenta connotati piuttosto evidenti e ben congeniati. Con la collaborazione di pochi musicisti, Moore si trasferisce in Turchia per musicare un film oscuro e perduto degli anni 50, “Age 13”, e quel che ne consegue è una musica fredda ma riflessiva, a tratti ipnotica, surreale, con soventi spazi concessi all’ambient più che ad un preciso riferimento musicale. L’iniziale “YYY” a dire il vero sembra inaugurare un viaggio piuttosto dinamico e frizzante, forte com’è di un vibrante e articolato riff su uno xilofono sintetizzato sorretto da un calibrato ritmo percussivo di stampo elettronico a tratti distorto. Ma da qui in poi si alternano rumorismo sottile ad efficaci crescendo emotivi, improvvisi stacchi acustici che si perdono tra voci, ad opera dello stesso Moore, timide e distaccate ma al contempo toccanti con squisiti ritorni ad una elettronica dall’ampio respiro. Buonissimo il crescendo del disco, che si lascia ascoltare nella sua interezza senza cadute di tono, e individua il picco massimo probabilmente nella delicata “Sad Sad Movie”, episodio che testimonia l’enorme talento di Kevin Moore, la sua nuova sensibilità e una rinnovata identità artistica che lo pone di diritto tra le figure più interessanti della nuova scena elettronica. Incredibile il “tocco” di Moore quando si siede al piano, la sua mano è effettivamente inconfondibile, qualcuno di voi nell’ascoltarlo penserà come me “E’ lui!”, sembra a tratti di star assistendo ad una rivisitazione minimale di una “Space Dye Vest” prima che venisse ingrassata.
“Graveyard Mountain Home” è un disco di un artista particolare, famoso per le sue scelte coraggiose ed impopolari, probabilmente la sua vetta artistica, l’opera che andava rincorrendo in ambienti che non lo riguardavano più. L’ascolto è sconsigliatissimo per costoro che rimpiangono i trascorsi di Kevin Moore dell’era paleolitica, per chi invece segue la scena elettronica indipendente c’è davvero tanto da scoprire e amare in questo disco.