Intervista a Aidoru: … 12 piccole domande …

  • ROCKLAB: Presentiamo la band, da dove viene e come ha iniziato a fare musica.
  • DARIO: Gli Aidoru nascono a Cesena come naturale evoluzione dei Konfettura, stessa formazione ma diverso nome. Nella seconda metà degli anni novanta i Konfettura avevano suscitato scalpore e clamori nella scena punk stampando due demo-tapes ed un mini-cd. Come Aidoru abbiamo pubblicato un primo sette pollici split con gli Ossessione ma è stato il primo demo a provocare l’attenzione da parte della stampa e degli addetti ai lavori, poi abbiamo pubblicato “…5 piccoli pezzi per gruppo con titolo…” che è stato letteralmente adottato in distribuzione da Audioglobe. In seguito è iniziata la collaborazione con il Teatro Valdoca che ha prodotto con la nostra collaborazione 5 spettacoli ed altri ancora sono in cantiere. Soprattutto con “Non-splendore rock” si è girato molto e col tempo è diventata molto sottile la differenza fra Aidoru soli e con la compagnia. Infatti oramai c’è una sorta di identificazione che ci porta ad essere per molti “il gruppo della Valdoca” che per certi versi ci lusinga, per altri ci castra. In ogni caso rimaniamo certamente debitori a chi, all’interno della compagnia, ha creduto fortemente in noi rendendoci colonna portante delle ultime produzioni Valdoca. L’ultima pubblicazione è “…13 piccoli singoli radiofonici..” che ha visto l’entrata in campo di Snowdonia dischi.
  • R: 2001-2003 Inizia la prolifica collaborazione con il Teatro Valdoca, che vi porterà a musicare in scena alcuni spettacoli tra i quali
  • D: Attraversare decisi il fiume, con Mariangela Gualtieri (2001), • NON, splendore rock, con Mariangela Gualtieri (2002), • Imparare è anche bruciare (2003) • So dare ferite perfette (2004), • Paesaggio con fratello rotto I parte (con Dario Giovannini in scena +campionamenti sonori) (2004).
  • R: Che differenza provate nel musicare spettacoli e nello scrivere la vostra musica? Ma soprattutto vi trovate più a vostro agio nel suonare in questi eventi o sui palchi dei piccoli club con altre band?
  • D: Ci troviamo a nostro agio un po’ dappertutto. Forse la disciplina teatrale, il silenzio e le lunghe preparazioni prima degli spettacoli (prove luci, prove movimenti e suoni, puntamenti e trucco), il fatto che si arrivi nei luoghi degli spettacoli diversi giorni prima ci ha un po’ viziati e ci sembra strano a volte arrivare in un rock club tre ore prima dell’inizio del concerto. Ma questo riguarda solo la preparazione, infatti una volta saliti sul palco è un po’ la stessa cosa dappertutto. L’unica cosa che cerchiamo di tener desta ed a volte facciamo fatica, per una normale predisposizione di chi va ai concerti, è una certa attenzione da parte del pubblico. Quando suoniamo immaginiamo di essere sempre esposti e cerchiamo di non avere momenti di calo di tensione. E devo dire che i nostri concerti riescono in ogni caso a trasferire quell’atmosfera un po’ magica che si crea nel buio e nel silenzio di un teatro.
  • R: E’ innegabile dire che l’esperienza teatrale vi ha segnato artisticamente. Senza tale esperienza, secondo voi, vi sareste evoluti musicalmente allo stesso modo?
  • D: Certamente no. Infatti “5 piccoli” è diversissimo da “tredici piccoli”. Il primo album è sostanzialmente molto rock, mentre “tredici” ha delle sfumature molto più raffinate, a mio avviso, e questo è dovuto all’educazione che abbiamo ricevuto, che non è stata solo un’educazione sullo o sulla composizione drammaturgica, è stata anche e soprattutto un’educazione all’attenzione verso tematiche più profonde come l’anima, la morte e l’amore che cerchiamo assiduamente di trasmettere in musica.
  • R: Parliamo del vostro nuovo cd, che del “singolo radiofonico” espresso nel titolo ha poco o niente. Come sono state le lavorazioni di questo album? Sono curioso di sapere come nascono le vostre canzoni perché personalmente penso che sfociano al di là della semplice traccia musicale, arrivando a colpire la fantasia e l’immaginario di chi la ascolta. Hanno in sè un qualcosa di “cinematografico”.
  • D: Sì, in effetti i brani hanno sempre una genesi molto diversa fra loro. “90 (la paura)” e “ni-roku” sono nati da sessions di improvvisazione sul ritmo che ci siamo trovati a fare io (Dario) e Diego (batteria), abbiamo tenuto le due più belle e le abbiamo strutturate ed arrangiate. “NothingInfinityReality” è nata un giorno (forse l’unico) in cui ho deciso di portarmi a casa gli strumenti e di scrivere una canzone. “Giorni”, “se dormi”, “ossicine”, “angelognomo”, “parole porte parole ali” e “se la parola amore” sono nati dall’analisi profonda dei testi di Mariangela; ho lavorato tantissimo sul ritmo delle frasi e sulla struttura metrica ed ho tradotto il tutto in ritmi e strutture musicali senza pormi il problema di avere delle strutture musicali già conosciute (es. strofa – ritornello – strofa o altre cose di questo genere) mi sono semplicemente abbandonato ciecamente alla struttura ed alla saggezza compositiva che già queste poesie avevano al loro interno. “Preludio” è la prima avvisaglia di un progetto al quale prossimamente vorrei dare molto più respiro, ovvero reinterpretare brani del repertorio classico, “fas tre bis” è nato come gemma nella colonna sonora di un cortometraggio (“La fasuleda”), in cui appariva solo il tema iniziale che non è altro se non un celebre tema popolare trasposto in modalità minore, tutto quello che viene dopo è stata una deriva improvvisativa che un giorno ho provato al pianoforte e che poi ho riarrangiato per tutto il gruppo. L’inserimento di Morena alla voce è avvenuta durante le prove di “Imparare è anche bruciare” (dove ci siamo conosciuti) ed è andato il tutto poi a far parte dello spettacolo. “Phase difference” è nato da uno studio sul ritmo che da tempo stavo facendo, mi piace molto quando gli strumenti sembrano andare un po’ per i fatti loro mentre invece sono legati da una legge ritmica più profonda, un po’ come avviene per tutti i fenomeni naturali e biologici. In ogni caso “tredici singoli” è il frutto di tutta la fatica di tre anni e mezzo di sperimentazioni varie che poi magicamente ed abilmente si sono fuse in un disco.
  • R: La ricchezza di suoni mi porta a pensare ci sia anche una ricchezza di strumenti o, per lo meno, una particolare cura e attenzione verso i suoni della canzone stessa. Che tipo di strumentazione avete usato? Preferite l’analogico o ricorrere senza problemi al digitale e il computer?
  • D: In realtà non usiamo tantissimi strumenti come potrebbe sembrare, infatti tutti i suoni che senti sul disco sono prodotti dagli stessi strumenti, oltre ai soliti basso -chitarra – batteria usiamo solo un sinth, una fisarmonica, una drum-ma chine ed un pianoforte. Hai ragione quando dici che curiamo molto i suoni, ma lo facciamo ricercando sui pochi strumenti che abbiamo. Cerchiamo di tirare fuori tutto da quelli in modo da creare un suono sì ricco ma anche riproducibile in concerto. Rimango sempre molto deluso quando vedo dal vivo un gruppo e sento delle basi preregistrate o non sento delle parti che magari nel disco erano importanti e per impossibilità tecnica non possono essere riprodotte dalla formazione che sta sul palco. Sinceramente preferiamo utilizzare l’analogico anche perché pensiamo che la perfezione del digitale sia molto noiosa e fredda, infatti non c’è nessuna programmazione al computer nel disco, inoltre abbiamo ripreso gli strumenti su nastro cercando (in relazione alle possibilità dello studio) di suonare il più possibile tutti assieme.
  • R: Colpiscono molto le varie influenze nell’album. In rete vi imprigionano in un’etichetta post-rock che a mio avviso vi va un po’ stretta…C’è un’elettronica che spazia in territori Lali Puna ma anche una sottile venature noise che potrebbe condurvi dai Sonic Youth. Cosa vi influenza più nel mondo della musica e cosa ha in particolare influenzato questo lavoro?
  • D: I tre grandi mostri sacri che guidano la stesura dei brani sono Bach, Chopin e Mahler, tre compositori che ho sempre amato fin da quando mi sono rapportato in maniera consapevole con la musica (e qui parlo di quando avevo sette o otto anni); ho sempre pensato che questi, rispetto a tutti gli altri compositori, avessero effettivamente qualcosa che li avvicinava più al divino. Poi con gli anni si è ascoltata tantissima musica e se qui la elencassi non finirei più; ci siamo trovati a cominciare a suonare con chitarre – basso e batteria perché a tredici anni ci piacevano tanto i Nofx (in fondo anche adesso) ed abbiamo deciso di fare un gruppo che avesse la formazione come la loro, ed in effetti quando abbiamo iniziato a suonare gli assomigliavamo molto. Ora è evidente che non hanno più molta influenza su di noi.. In realtà ascoltiamo musica in maniera abbastanza casuale, non seguiamo un filone in particolare. Ci ritroviamo ad avere la stessa formazione di quando abbiamo cominciato a suonare (con qualche strumento in più) ma l’evoluzione artistica ha subito molti scossoni.
  • R: Molti ospiti: Mariangela Gualtieri, Morena Tamborrino e John De Leo. Come è nata la collaborazione con loro e in particolare con John?
  • D: La collaborazione con Mariangela è nata un giorno in cui ho trovato un suo libro di poesie (Ossicine) a casa di Michele (il chitarrista) e sono rimasto folgorato. Ho pensato che i suoi testi fossero perfetti per essere musicati e perciò l’ho fatto. Poi Mariangela ha saputo per vie traverse quello che stavamo facendo ed ha deciso di incontrarci e di venire a vederci in concerto. Poi ci ha proposto di fare uno spettacolo con lei e con la compagnia del Valdoca e di lì è nata la prima collaborazione. Con Morena come detto sopra ci siamo incontrati per le prove di uno spettacolo. Abbiamo incontrato invece John perché è il ragazzo di una nostra cara amica, ed è rimasto folgorato dalle cose che stiamo facendo, infatti la collaborazione sul disco è solo un’anticipazione di una più profonda che verrà avviata ad Aprile, ancora non so dire cosa produrrà.
  • R: In rete si parla di una vostra nuova composizione per una prossima compilation della Snowdonia: “Lo scoiattolo e la libellula”, con la partecipazione dei sei fratelli Castellucci, ovvero sei bambini sotto i 15 anni.
  • D: So che la compilation è pronta per uscire (nel momento stesso in cui stavo scrivendo queste righe mi ha chiamato Cinzia (La Fauci) che combinazione..) L’idea è stata sua ed ha deciso di coinvolgere diversi gruppi della scena italiana (a memoria: Mariposa, Es, Rosolina Mar, Maisie ecc..) per comporre delle canzoni con obbligo di canto per un bambino under quindici. Noi di bambini abbiamo deciso di chiamarne sei perché avevamo la fortuna di avere a disposizione ben sei fratelli. Ne è uscito un brano che sa di zecchino d’oro andato a male, ed molto carino, consiglio a tutti di comprare la compilation appena uscirà. Come dice Cinzia è un ottimo ponte gettato alle nuove generazioni!
  • R: Il vostro disco è uscito da pochi mesi, ma già a quanto vedo in rete si vocifera di un cd di inediti e remix. Quanto è vasta la vostra produzione? Con che criterio avete scelto i “remixatori” di questo cd?
  • D: In realtà i remixatori siamo noi stessi ed in particolare Michele. Abbiamo una infinità di registrazioni inedite alcune delle quali vogliamo rielaborare, appunto remixare. Non so ancora dire quando usciranno poiché ci lavoriamo solo nei ritagli di tempo ma è una cosa a cui teniamo molto. Probabilmente nel momento in cui si farà la scaletta del disco in questione è probabile che decidiamo di affidare alcune tracce a mani esterne, si vedrà..
  • R: Dalla musica al teatro alla discografia: è vero che state fondando una vostra etichetta dal titolo Blu Scuro? A tal proposito come giudicate il mondo discografico in italia? Se da un lato ci sono le grandi major che continuano a dettar legge dall’altro stanno fiorendo una serie di piccole etichette che sostengono e aiutano i nuovi artisti.
  • D: Io penso che questo sia il momento più sbagliato per aprire etichette discografiche poiché sono già molte nel circuito indipendente e lavorano piuttosto bene. Inoltre se è vero quello che si dice, si vendono sempre meno dischi e sono un po’ tutti in crisi (major comprese). Però a noi non interessa, vogliamo fare un’etichetta che pubblichi quello che a noi (Aidoru Associazione e BluScuro > sono due entità diverse, si tratterebbe di una fusione) più piace inoltre ritengo che la varietà faccia molto bene al rifiorire delle scene perché si crea competitività, che è sempre positiva quando non diventa invidia, inoltre c’è bisogno di molta creatività anche nella produzione e promozione dei prodotti, e il fatto che molte persone lavorino in questa direzione fa molto bene perché così facendo si creano nuovi circuiti e nuove collaborazioni. Speriamo bene! Il primo lavoro è già pronto e stiamo programmando l’uscita, si tratta del lavoro d’esordio dei Marquez (fusione fra due elementi di Aidoru e due elementi di Emmevubì).
  • R: Per finire illustrateci ITINERARIO FESTIVAL, in un certo senso il Tora Tora dell’undeground ;-)
  • D: Itinerario festival vuole promuovere anno per anno diverse realtà che riteniamo particolarmente interessanti o vitali. Cerchiamo di farlo guadagnando come stiamo facendo ora spazi in riviste, webzine e organizzando eventi in giro per la penisola. Mi piacerebbe riuscire prima o poi ad uscire dai confini e proporre all’estero Itinerario come un portavoce delle migliori produzioni italiane. Inoltre mi piacerebbe che Itinerario guadagnasse delle location nuove anche grazie alle collaborazioni con i comuni ed altri enti che si occupano della diffusione della cultura. Trovo assurdo che nessuno sovvenzioni le migliori produzioni italiane e le releghi a club di periferia in condizioni pietose. Trovo il circuito dei concerti molto stagnante e bisogna assolutamente muoversi per cercare nuove strade e soluzioni. Itinerario nasce per questo motivo.

    Grazie Francesco!!
    Dario > Aidoru Tutti