Ashcroft, Richard – Alone with everybody

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Vi giuro, io sono il primo a cui dispiace ammettere una cosa del genere, ma è così. Alone With Everybody è una delusione immensa per chiunque sia un vero fan dei Verve, e una delusione per chi stima Ashcroft come persona e artista.

Alone with Everybody è il primo disco solista di Richard Ashcroft, disco che è in cantiere circa dal 1997 e che è passato attraverso tante mani e tante menti, tante idee e tanti arrangiamenti, ma alla fine Mad Richie ha voluto fare tutto da solo; scelta coraggiosa, ma forse un po’ troppo avventata. In questo disco manca tutto ciò che è Verve. Sì, vero, basta con questi stupidi paragoni e artisti legati al loro passato e alla loro precedente band, non sono i Verve, è Richard, Richard Ashcroft! Ma è proprio questo il punto. Qui di Richard Ashcroft c’è davvero poca traccia, come se il matto dallo sguardo ipnotico, un po’ perso in un suo mondo come Syd Barret e un po’ magnetica rock star dannata alla Jim Morrison abbia lasciato posto a un compiaciuto 30enne un po’ annoiato, un po’ riflessivo e un po’ poeta-cantautore. ma tutti questi “po'” non bastano a fare di Alone with Everybody un disco convinto e convincente.
Gli arrangiamenti psichedelici e le atmosfere dilatate hanno lasciato posto a una profusione di archi e chitarre acustiche che impesantisce e gonfia il lavoro, mettendo per giunta in evidenza una carenza di originalità negli arrangiamenti che ci ricorda quindi che un bel testo è sempre un bel testo, ma per far la canzone ci vuole anche una buona musica. E sotto questa spietata regola, canzone dopo canzone, l’album perde punti e interesse. Da 2 giri di ogni pezzo già si riesce a dedurre come andrà avanti la canzone, l’accompagnamento e l’outro (anzi, certe volte gli outro pensati sono anche meglio dell’Lp).Gli episodi che si salvano sono pochi. Il singolo apripista Song For The Lovers e al massimo C’mon People, anche se quest’ultima è una canzoncina pop come avrebbero potuto scrivere altre migliaia di persone nel mondo, e se nel video non ci fosse stato il pallido spilungone ashcroft non avremmmo neanche calcolato. Ah! quanto manca a questo disco una chitarra come quella di McCabe! Torna a salvarci da questo soporifero cantautorato che sembra nato da un momento di relax distesi su un prato, tanto spontaneo e tanto ovvio, tanto genuino ma tanto ingenuo da dare quasi fastidio. Ora, se il disco fosse stato suonato davvero in un modo interessante avremmo avuto con qualche anno di anticipo un disco simile a Seachange di Beck, che di per sè è già un traguardo non da poco…; ci dobbiamo invece accontentare di questo innocuo lavoro, con un Ashcroft assente, che sembra più una sagoma di cartone posta lì a sponsorizzare il tutto. E la cosa che fa ancora più male -ma per quanto possa far male ve la consiglio- è ciò che l’album sarebbe potuto essere. Cercatevi in rete i demo di Song for The Lovers, Gerusalem, Open The Skyes, tutti brani su cui Ashcroft da tempo lavorava e che con l’apporto di McCabe avrebbero dato alla luce -se non altro- qualche cosa che raggiungeva sicuramente la sufficienza