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Voglio cominciare questa recensione partendo dal superfluo, cioè dalla presentazione dei due protagonisti: Duke Robillard e Ronnie Earle. Chiunque mastichi un pochino di blues elettrico avrà senza dubbio già sentito nominare questi due grandi musicisti, sia per gli album solisti che per la loro partecipazione nei gloriosi Roomful Of Blues. Duke inoltre è stato per un certo periodo la chitarra solista dei Fabolous Thunderbirds in sostituzione di Jimmy Vaughan. Sia Ronnie che Duke hanno stili chitarristici molto simili con un approccio quasi vicino al jazz. Nonostante si parli spesso di loro come tra i più dotati chitarristi bianchi di classic blues a mio avviso questa è una definizione errata. Entrambi hanno uno stile molto più vicino a quello, originario del Texas, del grandissimo T-Bone Walker. Un approccio molto elegante con venature jazz e il tipico swing del texano. Uno stile questo che spesso mi ha portato a non apprezzare a pieno la loro opera perché la ritenevo forse un po’ troppo calligrafia e fredda. Sta difatto che mi sono accostato con grande curiosità a questo album che i nostri incidono per la prima volta insieme. Dico subito che il disco mi ha conquistato fin da subito. Ronnie e Duke danno vita ad un sensazionale live-studio, uno di quei rari dischi quasi totalmente improvvisati dove le jam sono regine incontrastate. Guardate la durata dei brani, il più corto supera i 7 minuti per arrivare ai 13 e ai 16; un pochino , e con le dovute proporzioni, la stessa cosa che era accaduta quando nacque l’immenso “Supersession”. I due si alternano alla solista e regalano numeri grandiosi, ma senza mai scadere nell’autocelebrazione (difetto di molti e in passato anche loro) e nell’eccessiva edulcorazione del suono. Grande merito della riuscita del disco lo si deve anche ai due organisti Dave Limina e Jimmy McGriff capaci per tutta la durata dell’album di creare sempre il giusto tappeto sonoro per sostenere le evoluzioni chitarristiche dei due leader. In totale 8 brani , 4 strumentali e 4 cantati. La voce è sempre quella di Duke , dotato di un ugola migliore rispetto a Ronnie, tranne che nella conclusiva “A Soul That’s Been Abused” dove compare come ospite il grande Mighty Sam Mc Clain. Un album questo gradevole dall’inizio alla fine con punte che raggiungono l’esaltazione come nella favolosa già citata song finale una soul blues ballad straordinaria con la voce magica di Mighty Sam che arriva dritta al cuore, l’hammond che incanta e la chitarra di Ronnie che lancia coltellate dolci e amare al tempo stesso. Favolosa anche “My Tears” ; 16 minuti di vera improvvisazione blues dove le chitarre si alternano senza mai sovrapporsi in un continuo ed esaltante incedere di assoli splendidi e sognanti; Il Duca alla voce offre una grandissima prova e l’hammond di Limina ricama con stile e precisione. Tutto questo da vita ad uno slow davvero incredibile per intensità e raffinatezza, un brano elegante e potente al tempo stesso, un piccola grande gemma. Ma i nostri ci sanno fare anche quando il ritmo si alza come nell’opener “West Side Shuffle” ,brano dello stesso Duke, dotato di un grandissimo tiro, il suo omaggio all’indimenticato Magic Sam. Ancora grandi jam poi per “Looking For Trouble” e per “Zeb Things” (di Earle) con un favoloso duetto tra il piano e la chitarra di Ronnie che disegna magici arabeschi nell’aria. Troviamo poi due omaggi ad altrettanti maestri. “I Need You So Bad” è una song di BB cantata con amore dal Duca e suonata in modo magistrale da McGriff.“Two Bones And a Pick” proviene dalla penna di T-Bone ed è un classico slow venato di swing con le due chitarre ce si esprimono su livelli elevatissimi. Inutile girarci attorno, quando quelli della “Stony Plain”(label di entrambi) hanno pensato di mettere Ronnie e Duke insieme in studio hanno avuto una idea senza dubbio geniale. “The Duke Meets The Earle” è uno di quegli album che ormai sempre più raramente ci capita di ascoltare, un disco dove regnano l’improvvisazione e la passione per il blues, una vera manna per tutti noi appassionati. Assolutamente impedibile.