Khonnor – Handwriting

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Ogni tanto alla musica elettronica servono degli scossoni, servono quei dischi che magari passano in sordina rispetto al pubblico ma che sanno essere ben recepiti dagli altri artisti. È stato il caso del trip-hop di Bristol, dei lavori di Daft punk e Chemical brothers e di esordi col botto come quello di “Moon safari” degli Air. Questo album del nuovo genietto americano Khonnor ha secondo me tutte le caratteristiche per entrare in questa cerchia di lavori-tsunami che vanno a travolgere spesso un genere musicale sempre bisognoso di nuovo idee che è la musica elettronica. Genietto perché Khonnor è un ragazzo di diciassette anni, genietto perché ha dato alle stampe un album che sa conquistare con la sua finezza, le sue atmosfere ovattate e precise. Tredici tracce splendide che si aprono con i suoni confusi ma che sanno amalgamarsi perfettamente di “Man from the anthill”, che proseguono compatte ed eleganti unendo più generi musicali in un calderone elettronico veramente affascinante, con delle atmosfere perfette come nella fenomenale “Megan’s present”. Potrei scrivere righe su righe per descrivere ogni canzone, ma sarebbe abbastanza inutile, dischi come questo più che “letti” vanno ascoltati per saperne apprezzare a pieno e personalmente ogni sfaccettatura. Brano migliore per me l’evocativa “Crapstone” che come atmosfere m’ha ricordato molto l’esordio degli islandesi Mum. Un disco con dentro ottime idee, piacevole e rilassante che fa sperare in un radioso futuro musicale per questo strambo ragazzo americano se gli ascoltatori sapranno apprezzare la sua leggerezza e sensibilità nella composizione.