Red Sparowes: Tramonti Silenti

Venerdì sera. Bloom di Mezzago. Oggi tocca ai Red Sparowes continuare la tradizione dello storico e celebre locale della Brianza, noto ai più per l'ormai leggendaria apparizione nirvaniana dei tardi anni ottanta. Luci basse e soffuse, ambiente senza pretese e circa un centinaio di persone puntuali per l'appuntamento coi passeri più apprezzati d'oltreoceano. Poco dopo le ventitre cominciano a testare la reattività della platea i nostrani The Ornaments, quartetto strumentale della provincia di Modena: tolta qualche complicanza tecnica iniziale, il loro show è immediatamente godibile, con l'ormai noto susseguirsi di arpeggi riflessivi alternati alle bordate soniche proprie del loro genere. Un sound incredibilmente studiato ed incisivo, che riporta subito alla memoria certe trame molto care anche ai primi Pelican. Dopo una mezz'ora buona (suonano tre pezzi) è il buio più completo e il silenzio intorno si fa costante. Solo qualche minuto ed inizio a rendermi conto dell'utilità di un grande schermo a tenda montato dietro al palco: la sagoma di un volatile bianco su sfondo nero, proiettata su di esso, illumina fiocamente l'entrata dei cinque, che dopo un laconico e piuttosto stentato Buona serata!, partono con una sinistra sortita vagamente intrisa di rumorismo noise: ecco i Red Sparowes. Chi, come il sottoscritto, si aspettava una setlist fedele al concept di At the Soundless Dawn (il loro debutto), rimane subito un po' di stucco, anche perché a livello di suono, il piccolo locale è assolutamente ingeneroso verso questo genere di musica, così marcatamente pregno di linee melodiche: la possibilità di riprodurre fedelmente il mood dell'album resta quindi abbastanza utopica fin dall'inizio. Passerà quasi un quarto d'ora prima che un sublime incipit di batteria ci servirà 'Alone and Unaware, the Landscape was Transformed in Front of Our Eyes', opener del loro disco: riproduzione impeccabile (ripeto, audio permettendo), mentre immagini di città in rovina si susseguono a scatti sullo sfondo, creando emozionanti giochi di luce. . Ma gli Sparowes non rinunciano per nulla all'improvvisazione (o ai nuovi pezzi, chi può dirlo?) e la scaletta continua così, in rigoroso ordine sparso, in un vortice che ha nel binomio quiete-tempesta il suo fulcro e in ogni caso ottenendo lauti consensi ad ogni breve pausa. Particolare sicuramente interessante è l'approccio agli strumenti soprattutto dei due chitarristi (già membri di Isis e Neurosis), che si manifestano subito molto diretti nel suonare, non risparmiando neppure qualche ruvidezza di troppo in brani che incisi godono invece di una consistenza idillicamente bilanciata. Coito generale per la squisita e indispensabile 'Our Happiest Days Slowly Began to Turn into Dust', accompagnata da proiezioni di parti anatomiche e non meglio identificate suppellettili. Ottima resa e notevoli prestazioni dei quattro che manifestano chiaramente la loro professionalità e il loro attaccamento emotivo al materiale sonoro non staccando quasi mai gli occhi dai propri strumenti. L'atmosfera che si è creata ora è così pregna di passione e coinvolgimento che da qui alla fine del concerto sarà un susseguirsi di rilassati e al contempo tumultuosi momenti