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Vado subito al punto: “The Great Cold Distance” è il più bel disco dei Katatonia, band che nonostante le ottime parole che circolano sul proprio conto, mi ha sempre lasciato piuttosto interdetto. Sapevo che prima o poi avrebbero affinato il proprio stile e di conseguenza centrato il bersaglio, intravedevo capacità e sonorità che aspettavano solo di essere guidate. Beh, lo spirito guida si chiama Tool, pertanto non tarderete a notare più di un riferimento alla band di Maynaard durante le 12 composizioni che formano il disco, 12 composizioni scure e leggermente oppressive che alternano malinconia e rabbia e che concedono solo un timido passo falso, quella “Consternation” posta proprio dopo il primo ed incredibile poker d’apertura, che ha nel singolo “My twin” il vertice espressivo e sonoro. Si allontanino sospetti di plagio o dipendenza stilistica, qui si è al cospetto di un suono personale, ben congeniato, frutto di una evoluzione lunga e sofferta costruita negli anni e concretizzata oggi con questo bellissimo ed atmosferico album metal / non-metal, maturo, colto, ben suonato da una band che finalmente ha trovato sé stessa.
Autore: Gabriele De Seta
Era quasi impossibile bissare quel capolavoro a nome Viva Emptiness uscito nell’ormai lontano 2003. Di norma, quando si inizia una recensione così, la frase seguente è “…ma i Katatonia incredibilmente ci riescono e bla bla…”. In questo caso non è così: siamo un gradino sotto il disco precedente, ovviamente sempre su livelli di eccellenza e bastano le quattro canzoni di apertura, dalla nervosa “Leaders” al singolone “My Twin”, per confermarcelo. Se però Viva Emptiness non aveva praticamente nessun calo e una grandissima varietà compositiva qui troviamo due o tre episodi non riusciti al meglio che spezzano il ritmo, e le soluzioni proposte nelle 12 tracce pian piano si rivelano piuttosto omogenee senza quei lampi di genio e intuizioni che rendevano una “Burn the Remembrance” a caso così geniale. A livello di arrangiamenti il disco è inquadrabile come una via di mezzo tra le parti più pesanti del sopraccitato Viva Emptiness rese ancora più oppressive con sprazzi di malinconia assimilabili alle tonalità di Last Fair Deal Gone Down. Manca quell’ariosità, quella disillusa e stanca nostalgia che pervadeva ogni nota dell’uscita precedente, la poetica dei testi cambia, la rarefazione opprime. Lasciando da parte il passato (cosa non facile, vista la caratura del gruppo) c’è da dire che The Great Cold Distance è un disco molto molto bello. Il singolo, “My Twin”, è orecchiabilissimo ma per nulla banale, “Soil’s Song”, “Deliberation” e “Rusted” regalano delle aperture che sin dal primo ascolto stimolano le ghiandole lacrimali, Leaders è un’opener allo stesso tempo atipica ma perfetta per introdurre l’atmosfera del disco con i suoi ritmi serpeggianti e sbilenchi. L’unico difetto riscontrabile, dato che dobbiamo fare i recensori pignoli e rompipalle, è una poca varietà degli episodi più pesanti e “metal” (ce ne vorrebbero altre 15, di virgolette), ma in fondo i Katatonia si muovono sempre così, trasversalmente, incorporando e facendo propri elementi dalle provenienze musicali più disparate, senza mai procedere in linea retta, e questo li rende unici nel panorama odierno. Conclusione? Jonas Renkse è una garanzia e i Tool gli piacciono tanto, la classe non è acqua ed il disco è bellissimo, godiamocelo. Amen.