Zu : Una domenica nella famiglia Zu

Concerto atipico per me che lo devo recensire. Non capita spesso passare l’intero pomeriggio all’interno del luogo dove si tiene un concerto, in questo caso il Teatro del Lido di Ostia, mentre la band si prepara con calma. Il teatro ha tolto le sedie dalla platea per permettere agli “Zuisti” di stare in piedi davanti al palco e ha un’ottima acustica. C’è molto spazio sul palco e si respira un’aria tranquilla e rilassata fino a quando non arriva la batteria di Jacopo presa in affitto. Basta un’occhiata e già il batterista degli Zu inizia ad avere dubbi sullo strumento. Ma ciò non arreca danno all’atmosfera tranquilla di una domenica pomeriggio sul lungomare di Ostia. Fonici e tecnici del teatro fanno conversazioni di vario tipo mentre io e Daniele, che deve fotografare l’intervista e il concerto, aspettiamo la persona addetta al teatro con la quale abbiamo parlato per l’intervista. Quando chiediamo di lei ci viene risposto “Deve scendere…sta scendendo”. Alla terza o quarta volta che ci viene detto così io inizio a guardare il soffitto e a chiedermi da dove diamine potrà mai scendere. Ma nemmeno questo intacca il clima rilassato della giornata. Durante il lungo aspettare per l’intervista il sole caldo pian pianino cala e nel cortile iniziano ad arrivare un po’ di persone: per lo più amici o conoscenti degli ZU stessi. Perché questa è casa loro e per una band che passa la maggior parte del tempo a viaggiare c’è sempre qualcuno da salutare. Intanto Jacopo all’interno del teatro inizia a presentarsi alla batteria e, nel cercare di convincerla che il modo di suonare per lui è diverso da quello che lei gli rimanda indietro, deve aver urtato un cittadino di Ostia che abita nei pressi del teatro e la porta che dà sul cortile viene chiusa per rispetto dei timpani dei vicini. Quando il sole è definitivamente calato arrivano a teatro svariate tipologie di persone. E’ il primo concerto in cui mi sembra di stare ad aspettare l’inizio della proiezione di un film comico: bambini, genitori, persone sui 40 anni, persone sui 20 anni… un po’ di tutto. Se non fossi stata lì dal pomeriggio ad arrivare a quell’ora e vedere quel tipo di persone avrei pensato di aver sbagliato giorno. Invece è proprio il concerto degli ZU! Si entra nel teatro e questo crogiolo di persone decide di posizionarsi non nello spazio davanti al palco ma sulla gradinata in fondo. Così la gradinata è interamente riempita ma davanti ha tutta la zona della platea interamente vuota… stupore si aggiunge a stupore… poi cala la luce e si accendono i fari. I nostri tre salgono sul palco e Jacopo si avvicina al microfono per un annuncio importante: “che ne dite di scendere ?”. Per l’amore per la precisione che ha il gruppo Massimo al basso precisa: “dai 40 anni in su’ possono pure stare seduti, i trentenni e i ventenni almeno si mettano qui davanti in piedi! Sotto i 20 anni potete addirittura pogare! E i bambini sotto i 12 anni …a casa a dormire!” e quindi piano piano le persone si posizionano davanti al palco ma non rinunciano alla comodità: seduti a terra! Chi l’ha detto che un gruppo rock o metal deve essere formato per forza da chitarra, basso, batteria e voce? Chi l’ha deciso che al concerto degli ZU bisogna star in piedi e fare casino? Nessuno, appunto…c’è dello Zuismo anche in questo volendo. Dopo i saluti a mamma e papà iniziano a suonare. Da subito s’intuisce che l’acustica del Teatro del Lido non è quella dei piccoli locali dove hanno sempre suonato. Io li farei suonare sempre lì se non servisse un servizio di navette per arrivare da Roma… Per la prima volta si sente benissimo il suono del sax di Luca ZU che negli altri live spesso è stato meno pulito se non coperto dagli altri due strumenti. I brani suonati sono in larga misura brani nuovi e l’unico che posso menzionare è “Ostia” che hanno già proposto poco tempo fa in apertura ai Fantomas/Melvins. In generale è difficilissimo riconoscere i brani tratti dal loro lavori perché non hanno mai una struttura scontata e live sembrano divenire tutti un unico lungo brano ricco di cambi repentini. Jacopo alla batteria, dopo il primo pezzo, decide che il piatto alla sua destra non serve poi così tanto e lo getta via. Ed è l’unico suo gesto che potrebbe far intuire che non è soddisfatto dello strumento perché per il resto non ha sbagliato un colpo, o se lo ha fatto non me ne sono accorta. Nonostante il pubblico non partecipi attivamente alla performance gli ZU hanno comunque dato tutto come se stessero suonando da un’altra dimensione. Tra un pezzo e l’altro Jacopo colloquia con i suoi amici e parenti diverse volte fino a dire “Ho i numeri di telefono di quasi tutti i presenti!” …gli amici del pubblico dopo un po’ rispondono con un “ammazza che professionista!” e Jacopo deve averla sentita parecchie volte quella frase a cui risponde “ecco perché non veniamo mai a suonare ad Ostia, ci so’ i parenti e… gli amici infami! Sembra di stare a un saggio di terza media!”. Cio’ non toglie che sul palco i “professionisti” mica fanno un saggio di terza media! Appena parte un pezzo ripiombano nella loro spirale di suoni e ti catapultano tra cambi di ritmo e distorsioni varie, ogni minimo suono viene percepito da ogni orecchio presente ed è un gran bel sentire! Marciano spediti per il loro sentiero musicale tra salite e discese, abusano dei loro strumenti con cacciavite e schiaffi (Massimo) e non si danno pace nemmeno per un secondo. Tutto a favore di chi, come me, li ha ascoltati sempre in situazioni più’ “precarie”. La sensazione riguardo ai nuovi pezzi è che siano migliori rispetto al passato e soprattutto che contengano più particolarità come tamburellamenti del sax, il nuovo pedale di Massimo o (ammesso che questo andrà poi a finire nell’album) anche il suonare la batteria con le mani invece che con le bacchette o ancora l’aggancio del basso al piatto della batteria. Dopo 40 minuti o più’ di cavalcata sonora interrotta solo da scambi colloquiali ad uso privato con il pubblico la prima parte finisce con gli ultimi due brani annunciati da Massimo (che poi dureranno un’eternità come sospettavo) che concludono con un avvicinamento progressivo al silenzio: tutti e tre gli strumenti pian pianino suonano sempre di meno fino a quando Luca al sax è chino a picchiettare il suo strumento ad altezza microfono, Jacopo lascia da parte le bacchette e tamburella le pelli con le mani e Massimo mette da parte il basso e gioca con il jack e il cavo come un pifferaio che ammaestra un serpente. “Serpente” in aria e finisce il concerto. Ma tornano per il bis. Un ringraziamento d’obbligo va fatto al fonico del teatro per il suono impeccabile e ripartono per i soliti “due brani” di durata infinita… progressioni, marce in tempi dispari, basso ora arpeggiato ora distrutto con il cacciavite… fino a quando verso la fine ritorna il “quasi silenzio” e un espertissimo fan degli Zu dal pubblico sentenzia: “è finitaaaaa”. Il fan è il piccolo figlio di Luca al quale i tre Zu sul palco obbediscono all’unisono e parte l’applauso del pubblico. Il bambino si riappropria del padre e gli Zu ritornano ad abbracciare le famiglie per le quali potevano anche suonare le cover di Raul Casadei e sarebbero stati sempre bravi, ma per fortuna per me hanno suonato al loro modo, li ho musicalmente ascoltati meglio, e sono tornata a casa con nessun livido addosso! Serata stupenda, inusuale e concerto degli Zu unico e piacevole.

Foto di Daniele Bianchi www.concertinalive.it