Deftones – White Pony

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Se per i primi due dischi, ‘Adrenaline’ e ‘Around the fur’, i Deftones avevano puntato soprattutto sulla potenza di uno stile crossover con cui esplodere tutta la loro rabbia, qui le cose sono diverse e lo si intuisce già dall’iniziale “Feiticeira”: le chitarre distorte ci sono ancora, ma l’uso che ne viene fatto spesso si discosta dai soliti riff a power chords e assoli veloci. Il suono complessivo risulta più pieno, meno metal e più rock, complice anche l’ingresso definitivo in formazione del dj-ma-non-solo Frank Delgado. Chino Moreno ci mette sicuramente del suo, con un cantato che è la vera forza trascinante di tutto il disco: in “Digital bath” esplode altissima nel ritornello e il pezzo sembra essere un incubo anni ’80 trasposto nella disperazione del decennio successivo. La batteria di Abe Cunningham rimane letale come un tempo e questo crea qualche smarrimento a livello musicale: “Teenager” finisce per assomigliare agli Smashing Pumpkins periodo “Adore”, se non fosse per quella macchina umana che violenta il tempo. Un disco bellissimo ma a strati: in cima tre canzoni eccezionali, la già citata “Digital bath”, l’evocativa “Passenger” con alla voce anche Maynard James Keenan dei Tool, e “Knife prty” (forse la mia traccia preferita). In seconda linea “Change”, “Feiticeira”, la lunghissima “Pink maggit” e “Rx queen”. Le altre sono canzoni che sono si sviluppano pienamente, senza contare una “Elite” che rimane un pezzo vecchio stampo, ma di quelli un po’ inutili. Un disco da ascoltare perchè intriso di una voglia di cambiamento che poteva sfociare in un futuro più sperimentale e interessante, purtroppo di tutto ciò si trova ben poco nell’album omonimo seguente.