“Alla fine bisogna ricordarsi che to play non è solo suonare, ma significa anche giocare”. Tommaso, voce dei Perturbazione, e Gigi, chitarra e cori, mi dicono così poco prima del soundcheck. Giocare, suonare, forse sognare. E ciò che accade è proprio questo. Il piccolo palco del Jail di Legnano accoglie i sei musicisti, il pubblico anche. Tra le due zone la quarta parete si infrange subito. Essere tra Cristiano e Stefano, Tommaso e Rossano, oppure tra Gigi e Elena, è la stessa cosa che essere tra la ragazza bionda di fianco a me e il mio amico dietro. Tutti sognano, si divertono, giocano con le canzoni. Nessuno è qui perché “fa figo” o perché “è importante fare presenza”. No, grazie al cielo, tutti sono qui per ciò che i Perturbazione sanno dire e fare e comunicare e suonare, l’atmosfera lo conferma. E il concerto inizia, e il tempo passa, lentamente, o con sbalzi incredibili. “La rosa dei venti” mi riporta all’adolescenza, “Dieci anni dopo” invece ovviamente avanti di qualche anno. I pezzi ti abbracciano pieni di frizzante meraviglia:
“Agosto”, “Senza una scusa”, “Animalia”, “Se mi scrivi”, “Il senso della vite”, “Se fosse adesso” e così tutte le altre. “Mi piacerebbe” porta Tommaso giù dal palco e in mezzo ai festanti ascoltatori. “Portami via di qua, sto male”, cover italianizzata dei Belle & Sebastian fa sorridere, ed effettivamente preferisco questa all’originale degli scozzesi. “I complicati pretesti del come sottolineano il primo giorno d’autunno: “Chissà se poi è vero, che le stagioni svaniscono con la felicità che ti sfugge inavvertita come sabbia fra le dita” intono. Poi un’incredibile versione di “Iceberg” con un finale più che coinvolgente mi lascia a bocca aperta. Viene superata poco dopo dai brividi sulla pelle provocati da “Per te che non ho conosciuto”: mi sento bene, mi sento male, vi amo tutti. Vorrei abbracciare tutte le persone accanto a me, fare una foto e tappezzarne le case dei sei musicisti.
Questo è quello che penso nella brevissima pausa. I sei risalgono in fretta e furia e il gioco ricomincia: “Dieci anni dopo”, la cover di “La distanza” degli amici Northpole. Con “Quattro gocce di blu” il concerto sarebbe finito. E invece Tommaso, ciarliero come non mai, sprona i compagni di viaggio a continuare: “Ma guarda, scrivono le canzoni e poi non le vogliono suonare” dice sorridendo. E allora “Spalle strette” come degna e vera chiusura. Respiro a fondo ed esco dal Jail, non devo nemmeno stringermi nella giacca, la notte è piacevole, non ho bottoni da allacciare. Le mie spalle strette non avranno brutti ricordi da sostenere, almeno fino a domani. Giocare, suonare, forse sognare. Ma soprattutto gioire.