Perturbazione: La teoria del medio-male

  • Prima di un eccezionale concerto dei Perturbazione al Jail di Legnano, ho la fortuna di chiacchierare amabilmente con Tommaso Cerasuolo (voce) e Gigi Giancursi (chitarra e cori) e di intavolare con loro una conversazione che spesso prende via e vita propria, perché se Gigi si rivela molto preciso, presente, con i piedi per terra, disincantato, Tommaso è la sua perfetta controparte: ingenuo e pieno di entusiasmo, che non nasconde paure, timori, sogni e debolezze, una sorta di Lev Nikolaevic Myskin, come un mio amico lo ha definito.

    Rocklab: Vorrei iniziare parlando della compilation di tributo ai Belle & Sebastian (“A century of covers”) alla quale avete partecipato con il brano “Portami via di qua, sto male”. Ecco, la domanda vera e propria è: nasce prima la canzone o la proposta da parte della Kristen’s Postcards?

  • Gigi: In realtà è stata una cosa davvero informale: i ragazzi della Kristen dopo un nostro concerto hanno parlato con Rossano (Lo Mele, batteria) e hanno chiesto “Stiamo mettendo in piedi questa compilation volete partecipare?”. Proposte simili un po’ ne riceviamo, e quando abbiamo tempo siamo sempre molto contenti di farlo. In quel periodo avevamo tempo per poterci mettere lì e poi una cover del Belle & Sebastian l’abbiamo sempre voluta fare. E poi ci siam detti, ma perché non proviamo a farla in italiano? Subito siamo raggelati tutti all’idea. Poi abbiamo cercato una canzone il cui testo fosse traducibile. A me sarebbe piaciuto tantissimo tradurre “It could have been a brilliant career”, però è molto molto difficile perché ha tutta una serie di figure, di immagini, di parole proprie della lingua inglese. Invece “Get me away from here, I’m dying” da quel punto di vista funziona meglio.
  • R: Dicevi che vi fanno spesso proposte di partecipazione a compilation. Avete già fatto altro, se non sbaglio.
  • G: Sì, ai tempi avevamo partecipato alla compilation “Primo salto” della Fosbury, ad una Loser: My religion. Abbiamo partecipato ad una compilation del Manifesto che dovrebbe uscire ma non si sa quando.

    Tommaso: Sì, poi abbiamo preso parte a quel doppio cd della Homesleep sui Pavement (“Everything is ending here-A tribute to Pavement”).

    G: Ci hanno chiesto di partecipare ad una compilation su Capossela ma in questo momento abbiamo un po’ di concerti, stiamo provando a buttare giù qualcosa per il nostro nuovo disco e quindi abbiamo dovuto rifiutare. Quando diciamo di no, chi ci conosce sa che è per problemi di tempo. Inoltre saremo anche in una compilation de I Dischi Dell’Amico Immaginario, però è una cosa fatta in casa, un disco di tributo agli Smiths.

    T: Sì, l’idea è rifare “The queen is dead”, ricorrono i 20 anni del disco: stessa scaletta però suonata da vari gruppi dell’etichetta dell’Amico Immaginario: Zen Circus, Northpole, Tuma, ma anche i Tre Allegri Ragazzi Morti con il cantante dei Joan Of Arc, i Baustelle e un po’ d’altra gente. Una bella cosa, insomma.

  • R: Invece delle nuove cose che state scrivendo per il disco nuovo che mi dite? Sono curioso perché “In circolo” e “Canzoni allo specchio” sono molto diversi tra loro, due dischi paralleli più che uno il continuo dell’altro.
  • G. È verissimo, anche perché da quando abbiamo scritto le canzoni di “In circolo” a quando le abbiamo pubblicate è passato davvero parecchio tempo: nella fase di “gestazione” eravamo tutti sulla soglia dei 30 anni e quindi c’era questa sorta di passaggio ritardato dall’adolescenza all’età adulta, ritardato perché accade oramai sempre più tardi, a volte non accade mai e si muore prima, e quindi le riflessioni erano quelle. Nel frattempo sono cambiate un po’ di cose: per “In circolo” il disco era pronto un anno prima che uscisse e nel frattempo la nostra vita andava avanti: ci siamo sposati, c’è chi ha fatto figli, c’è tutta una serie di condizioni che si sono messe a fare in modo che le canzoni successive fossero più legate ai rapporti interpersonali dopo aver preso coscienza di quello che era il passaggio all’età adulta e anche chiedersi se la si è davvero raggiunta.

    T: Anche perché la risposta è dentro di te, ma è sbagliata (risate).

    G: La domanda è semmai perché “In circolo” sia molto più bello di “Canzoni allo specchio”.

  • R: Non intendevo assolutamente questo, ma quanto il fatto che vanno a colpire cose diverse. Per questo sarebbe interessante sapere come sarà il prossimo.
  • T: Eh, non ne abbiamo la minima idea! Abbiamo fatto una ventina di canzoni fino ad adesso, ma tanto scazziamo continuamente, accade che ad alcuni piacciano alcuni pezzi e altri no, e quindi non abbiamo ancora una direzione. Penso che però tutti vogliamo fare un disco eterogeneo e molto meno pieno di ballatone come è “Canzoni allo specchio”.

    G: Quelle tre canzoni che abbiamo provato a registrare un po’ così, con i microfoni aperti, ci sembra che siano molto distinte, ogni pezzo ha una sua atmosfera. Il problema è che è difficilissimo capire qualcosa su se stessi, forse lo capiranno gli altri.

    T: Quando era uscito “Canzoni allo specchio” eravamo tutti presi dal dire “Torniamo a fare i concerti”, poi suonandole dal vivo ci siamo accorti che forse erano canzoni diverse da quelle che ci aspettavamo. Quindi per fortuna gran parte delle cose non le controlli bene, ma vengono per culo o per sfiga. Secondo me c’è una parte di fatalismo in queste cose che è importante mantenere. Il fatto che tu non controlli tutto è una cosa buona.

    G: E in una di queste crisi Tommaso aveva detto una cosa che sottoscrivo: a volte rischi davvero di essere inglobato dal meccanismo e rischi di dire “Questo pezzo potrebbe funzionare se però gli facciamo fare questa strada invece che quell’altra”. E lui aveva detto “Ricordiamoci che to play è anche giocare e se perdi quella dimensione di gioco rischi di scavarti la fossa”.

    T: Infatti non l’ho detto io ma Osvaldo Soriano in un articolo sul calcio, sottolineando che uno dei motivi per cui la gente continua ad andare allo stadio nonostante arbitri, scandali, le puttanate, i campioni superpagati, è perché la palla alla fine va dove cazzo vuole lei, non le hanno messo un telecomando, per fortuna. E la musica è la stessa cosa, se diventa tutto un calcolo ci rompiamo tutti le palle. Bisogna invece farsi sorprendere, da noi stessi prima di tutto, e questa è la difficoltà maggiore.

    G: Sì, il rischio poi è di comporre le canzoni sempre allo stesso modo. Comunque per sottolineare il fatto dell’imprevedibilità, è capitato dopo alcuni concerti in cui pensavamo di aver suonato per niente bene, che arrivasse della gente che ci faceva i complimenti. Per sottolineare questa cosa oramai diciamo che suoniamo medio-male e la gente è contenta. Da qui è nata la filosofia del medio-male.

    T: Medio-male non significa altro che la sopravvivenza, mentre si dovrebbe puntare ad altro, non solo a sopravvivere. Poi nella vita ognuno di noi cerca di andare avanti medio-male, ma per fortuna tutti giochiamo quella partita lì perchè ci sono delle giornate in cui va malissimo o benissimo, e alla fine si gioca per quello. L’importante è non demoralizzarsi anche perché non si sa esattamente quello che accadrà.

    G: Anche perché ognuno di noi ha tante cose da fare, tante strade…

  • R: Infatti da quel che so ogni membro dei Perturbazione ha anche un lavoro ufficiale, o ufficioso a seconda di come la si vuol vedere.
  • T: Sì, infatti. Beh, chi aveva dei lavori da ufficio li ha mollati perché era impossibile farli coesistere. Però tutti quanti hanno trasformato i propri posti fissi in progetti su cui investire nel momento in cui si è meno impegnati. E così Elena (Diana, violoncello) fa i corsi nelle scuole ai bambini per l’introduzione alla musica e lavora quasi solo primi tre giorni della settimana, io faccio il grafico…

    G: Io lavoro in una cooperativa sociale, e si procede per progetti.

    T: Siamo in una sorta di precariato involontario anche a causa degli impegni del gruppo.

  • R: E gli impegni sono sono pochi: come concerti quest’anno avete tenuto una media più che buona, siete stati molto attivi.
  • G: Sì, però considera che a livello meramente economico la storia è un’altra, sebbene in realtà non ci siamo messi a suonare per quello

    T: C’e il periodo in cui fai tre mesi in tournee e suoni attivamente, ma non metti via niente. Sembra piangersi addosso, ma in realtà siamo molto contenti. Abbiamo fatto 120 date in due anni e siamo riusciti a comprarci un furgone, a creare una società per gestire tutta questa cosa e sempre con lo scopo di sopravvivere. Perché alla fine quello che abbiamo guadagnato al netto sarà duemila euro a testa, quindi circa mille euro all’anno. Finito questo concerto abbiamo tre concerti in Lussemburgo e in Germania, per la prima volta andiamo all’estero, però quando torniamo abbiamo un periodo vuoto.

  • R: Non è che adesso sarà un po’meglio con il nuovo contratto con l’etichetta Capitol/Emi?
  • G: E chi lo sa? L’unica cosa di cui siamo contentissimi è che anche questo prossimo disco non lo paghiamo con i nostri soldi, e questo per noi è già una cosa pazzesca. “In circolo” ce lo siamo pagati noi.

    T: Per restare sul lato economico la storia è sempre la stessa: se non suoni dal vivo non mangi. Comunque abbiamo la possibilità di fare un disco in studi migliori e un piccolo anticipo sulle royalties, ma non sono quelle che ti fanno pagare le bollette.

    G: Una possibilità ci sarebbe: fare un duo invece che un sestetto (risate).

    T: Beh, in questo periodo che il disco viene considerato defunto è tutto da vedere.

  • R: Ma vi piacerebbe fare una cosa come “Canzoni allo specchio”, con varie collaborazioni, anche importanti (Paolo Benvegnù ha prodotto il disco, Rachele Bastrenghi e Francesco Bianconi dei Baustelle, Luca Di Mira e Jukka Reverberi dei Giardini Di Mirò erano tra gli ospiti e collaboratori in alcuni brani)?
  • G: Mah, come dicevo è ancora tutto da vedere. Adesso che Maurizio, il nostro fonico, e Cristiano (Lo Mele, chitarra) hanno aperto una etichetta e hanno un loro studio che utilizziamo come sala prove, l’obiettivo è di tornare alle origini e fare le cose da noi. Magari avvalendoci ancora di una settima persona che sarà ancora da stabilire. E magari qualche ospitata, ma quelle sono cose che non programmi.
  • R: Prima mi stavate dicendo che suonerete all’estero, non avete mai suonato fuori dall’Italia fino ad ora. E cosa vi aspettate?
  • G: A parte San Marino è la prima volta!

    T: Abbiamo comunque deciso di cantare in italiano la maggior parte dei pezzi e vedere cosa succede. Oramai dopo tanto tempo che facciamo così ci sembrava giusto non riprendere pezzi in inglese che magari non facciamo da cinque anni.

    G: Anche perché queste date non erano programmate ma sono capitate per uno scambio di date tra gruppi tra Lussemburgo e Italia: c’è un gruppo che si chiama Lunaboot e che aveva ascoltato i nostri dischi e ci hanno invitato per uno scambio culturale. Magari poi scopriamo che anche all’estero possiamo funzionare e che magari è possibile cercare di distribuire il disco anche in Germania e fare magari una piccola tournee.

  • R: Beh, si dice sempre che all’estero da vivo la qualità viene premiata. Oltre agli ottimi testi voi avete un suono molto bello, personale e riconoscibile.
  • T: Questo è incoraggiante, noi in realtà ci stiamo cagando sotto. Andremo con lo spirito dei giovani boyscout che partono per il primo campeggio (risate).

    G: Davvero io sono curioso di vedere che succede quando suoniamo.

    T: Anche perché non riesco mai a capire quanta parte faccia la lingua e quanta la musicalità del testo.

  • R: Cambiando aregomento, ecco una domanda tutt’altro che originale: che state ascoltando? Che concerti avete visto di recente?
  • T: Beh, in verità io avrei voluto vedere i Pearl Jam ma dovevamo provare…

    G: L’ultimo concerto che davvero mi è piaciuto è stato Antony & The Johnsons, ma era addirittura l’estate scorsa. Con il fatto che siamo sempre in giro di concerti ne vedo davvero pochi. Comunque ascolto davvero le cose più disparate, da Surfjan Stevens, che mi piace tantissimo, ad un disco di Ornella Vanoni comperato in autogrill. Spesso non c’è un filo conduttore.

    T: Mi è piaciuto un sacco “The funeral” degli Arcade Fire per come hanno messo insieme quest’immaginario da “Antologia di Spoon River” con questa musica potente. E poi Antony & The Johnson, ma anche i Modest Mouse. Era molto bello il disco di Arte Molto Buffa uscito per Aiuola, gli Zen Circus, i Northpole. Tanti tanti dischi… l’altro giorno per esempio ascoltavo Battisti a manetta, uno che non avevo mai ascoltato tanto nella mia vita… ma è l’autogrill che fa questi scherzi!

  • R: L’autogrill nasconde anche delle cose assolutamente terribili!
  • G: Sì, infatti lui ha preso un’antologia di Califano e ce l’ha anche fatta sentire! (risate)
  • R: Un’altra domanda che si fa spesso: che libro c’è sul vostro comodino?
  • T: “Allegro occidentale” di Francesco Piccolo e poi un libro per bambini di Roald Dahl, “Le streghe”.

    G: Io invece sto leggendo “L’opera al nero” di Marguerite Yourcenar ma sta andando un po’ a rilento. Mi sono bruciato l’ultimo di Remo Remotti, grandioso. E poi sto finendo un libro sulla storia di Google.

  • R: A proposito della rete, Gigi, sei tu che ti occupi del sito e del blog dei Perturbazione?
  • G: Sì, ma sono un autodidatta. L’idea era di fare una cosa diversa dai soliti siti, non banale.
  • R: Ho letto appunto sul sito che, nonostante alcune domande da parte dei fan, non avete intenzione di andare su MySpace, insomma una sorta di piccola polemica con questa comunità virtuale che sta diventando forse troppo di moda.
  • G: Ah, sì… beh, lì in realtà era più un pensiero mio, gli altri non è che siano tanto d’accordo a non andare su MySpace. Sai, il fatto è che un po’ mi rompo i coglioni: sono 15 anni che suoniamo, e prima c’era il Consorzio Produttori Indipendenti e o mandavi la cassetta al Consorzio o altrimenti non suonavi, noi non abbiamo mandato nulla o quasi e sono morti prima loro. Poi c’è stato il momento Vitaminic e allora tutti su Vitaminic! Noi non ci siamo andati e siamo sopravvissuti, e sopravvivremo anche a MySpace, che uniforma un po’ tutto quanto.

    T: Ma secondo me MySpace è bello, soprattutto se usato per magari conoscere realtà e gruppi legati a quelli che già conosci. Che ne so, ti piacciono gli Smart Went Crazy, un gruppo di Washington della Dischord che ha fatto cose fighissime e ci piace molto, e vai su MySpace ma non tanto per vedere la loro pagina, ma più per conoscere quei 4, 5 gruppi che sono subito linkati.

    G: Si vabbè, però sai qual è il problema? Che non è una cosa nata spontaneamente, ma dietro ci sono quattro stronzi che si sono detti “Come facciamo a lanciare questo portale? Paghiamo profumatamente tre o quattro gruppi che ci fanno da traino e così facciamo entrare tutti gli altri”. Così è diventato un fenomeno figo e quando un fenomeno è troppo figo mi puzza sempre un po’.

    T: Lui è un cospirazionista e non a caso il suo scrittore preferito è Philip K. Dick (risate). Ha proprio il complotto che gli scorre dentro al sangue, però ogni tanto ci azzecca.

    G: Magari un giorno crollerò e così ci saranno i Perturbazione su MySpace, ma spero di no.

  • R: Sempre che qualche fan non apra una fan-page a vostro nome…
  • G: Questo sarebbe bellissimo.

    T: Ah, si può fare? Ecco, io sono sempre il ritardato internauta, quello che lo usa ancora come nel 1994. Io sono fermo a 10 anni fa, non ho internet a casa, sono proprio una merda (risate).

  • R. Eeeeeh, esagerato!
  • T: Sì, e non riesco a mettermi al passo! Pubblicherò un post all’anno sul blog. E mi sono sempre chiesto: ma chi trova il tempo di leggere tutta sta roba?

    G: È come Celentano lui, una sola uscita ma pesante (risate).

  • R: Un ultima cosa: se in futuro, prossimo o remoto, dovesse uscire una compilation di tributo ai Perturbazione, chi vi piacerebbe ci fosse a parteciparvi?
  • G: Beh prima di tutto bisogna dire che se non siamo morti sarebbe bellissimo. In realtà ci sono gli Wah Companion che avevano fatto la cover di “Agosto” per la compilation “Il cielo su Torino”, ed era strano ma allo stesso tempo bellissimo risentire quel nostro pezzo rifatto da altri. Ma sarebbe bello chiunque sia il gruppo che ci facesse un tributo…

    T: I 24 Grana! Sarebbe bello, mi piacciono molto, mi piace la voce di Francesco.

    G: C’è stata una volta la tentazione di fare uno split con i Tre Allegri Ragazzi Morti ma poi nulla.

    T: Eh, anche loro mi piacciono tantissimo. Tra l’altro, ribaltando il tutto, più passa il tempo più mi accorgo che mi piace cantare canzoni degli altri, che mi adatto bene. È un periodo così, in cui sono affascinato dal reinterpretare canzoni già esistenti.

  • R: Quindi il prossimo sarà un disco di cover! (risate)
  • G: A proposito di tributi e di gruppi che esistono o non esistono più, è interessante vedere come i gruppi che noi reputiamo migliori magari non sono quelli che sopravvivono. Guarda i Massimo Volume: erano un gruppo grandissimo ma non sono andati avanti; oppure per un Marlene Kuntz ce ne sono altri 10 che si sono sciolti e non sapremo mai cosa sarebbero diventati. Una specie di selezione naturale… e non è detto che noi siamo tra i migliori!