Sparklehorse – Dreamt For Light Years In The Belly Of A Mountain

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È questo che mi piace in Mark Linkous, il suo viaggiare per fasi lunari. ‘Vivadixie’ era un disco da luna piena, placida, in cui le cose prendevano una certa colorazione, la luce colpiva senza fare male. Già in ‘Good morning spider’ la luna era calante, le cose iniziavano a confondersi nell’oscurità. Naturalmente ‘It’s a wonderful life’ è ironicamente una notte senza luna. Ora si torna ad avere un barlume di visibilità, di vita. E già dai titoli delle canzoni si intuisce, già dal nome del disco si capisce che c’è un minimo risveglio da quel letargo doloroso durato oramai abbastanza. Che poi non importa se gli anni luce sono una misura di superficie e non di tempo. Il tempo è relativo, gli Sparklehorse sono sempre uguali, ma il tiro viene corretto ogni volta, poco o tanto non influisce sulla qualità. E anche qui ci si sente a casa.
L’iniziale “Don’t take my sunshine away” è quanti di più classico ci si possa aspettare da loro. La finale title-track, lunga, strumentale e po’ autocelebrativa riesce a sottolineare ancora una volta questo senso di passaggio del tempo.
In mezzo tante cose, alcune molto belle (“Getting it wrong”, quella “Ghost in the sky” con gli effetti alla “Hammerin’ the cramps”, la solita squisita semplicità di “Knives of summertime”), altre non eccezionali (“Shade of honey”, quella “It’s so hard” con i soliti effetti alla “Ghost in the sky”). Ancora collaborazioni illustri come nel lavoro precedente: là erano accreditati gente del calibro di Tom Waits, Pj Harvey, Nina Person dei Cardigans, qui ancora lo stesso Tom Waits nella veste di pianista (in “Morning hollow”) e grande ricorso al lavoro di Scott Minor e ai sampler di DangerMouse. Forse quest’ultimo riesce a dare qualche spunto di straniamento in un lavoro che non è certamente un passo avanti dal punto di vista musicale, non c’è innovazione, non c’è il rischio. È semplicemente la continuazione di un discorso affascinante.