“On the back of each day” è il nuovo, splendido album dei Morose. Ho raggiunto via mail per parlare un po’ di questo disco (ma non solo) Davide Speranza, voce e chitarra della band:
Daniele Guasco: Partiamo dal nuovo album. Secondo me con “On the back of each day” avete raggiunto una maggior maturità. È un disco cupo ma estasiante al tempo stesso. Quanto siete soddisfatti di questo lavoro e come lo mettereste in paragone con le vostri cd precedenti?
- Morose: È piuttosto raro che qualcuno dica “quest’ultimo disco che abbiamo registrato non è un granché, preferisco il precedente”. Sono però costretto a conformarmi alla regola, perchè ritengo veramente che questo disco sia quanto di meglio abbiamo fatto finora. Penso che ciò sia soprattutto dovuto al fatto che Valerio e Pier hanno preso parte alla scrittura delle canzoni in modo più rilevante rispetto al passato, dando un contributo notevole.
- DG: Quanto e come ha influito, non solo sul disco nuovo, ma anche sul vostro modo di fare musica la produzione di Fabrizio Modenese Palumbo?
- M: Questa è stata la nostra prima volta in studio, in precedenza abbiamo sempre registrato in casa. Si tratta di due approcci molto diversi, per cui l’esperienza di Fabrizio a livello di produzione e di Marco Milanesio per la registrazione ci è stata di grande aiuto.
- DG: Com’è andato il vostro recente tour francese?
- M: Una boccata di aria fresca. L’unico grosso problema è stato dover ritornare indietro.
DG: Secondo me la vostra musica è molto particolare per una band italiana; diciamo che tra i gruppi di casa nostra vi inserisco tra quelli meno legati all’attuale modo di fare musica nel nostro paese. Cosa ne pensate dell’attuale panorama musicale italiano?
- M: Non mi pare che la situazione sia esaltante, perchè le enormi difficoltà che si trova davanti un gruppo che vuol far musica propria, e che ha una propria idea del fare musica, sono spesso insormontabili. Il fenomeno grottesco delle cover-band la dice lunga: è ridicolo che per avere cachet dignitosi si debba scimmiottare qualcun altro e proprio non riesco a capire questa gente che paga per andare a vedere dei cloni, è patetico.Lo Stato, per di più, invece di aiutare e stimolare nuove iniziative (come accade per esempio in Francia) fa di tutto per soffocarle sul nascere, basta pensare a storture come Empals e Siae. Per cui, se nessuno ti viene a vedere perchè la gente preferisce vedere il sosia di Eddie Vedder o di Bono, e in più ti tocca pagare la pensione a Lucio Dalla, allora la cosa diventa difficile.
- DG: A cosa potrebbe fare da perfetta colonna sonora la vostra musica?
- M: Sarebbe interessante lavorare su film come “Werckmeister Harmonies” di Bèla Tarr o “L’anno scorso a Marienbad” di Alain Resnais.
- DG: Qual’è la cosa, l’esperienza, la situazione non musicale che più influenza la vostra musica?
- M: Direi la letteratura, nella misura in cui ha influenzato il nostro modo di vedere le cose. Per me sono stati fondamentali autori come Breton, Beckett, Celine, Joyce , Pirandello, ed in generale tutto il lavoro delle avanguardie del primo novecento ha contribuito in modo rilevante allo sviluppo del mio gusto personale.
- DG: Per finire non mi resta che chiedervi: avete già qualche progetto per il futuro?
- M: Sopravvivere è già un progetto sufficientemente ambizioso. Stiamo poi cercando di mettere in sieme un piccolo tour italiano con Alina Simone per la fine di marzo. Un’altra cosa che ci preme fare è cercare di integrare delle proiezioni con il nostro concerto, ma è piuttosto difficile trovare posti in cui ciò sia possibile.