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Perdersi e ritrovare l’anima… un’anima che probabilmente invocava cambiamento e per ottenerlo aveva bisogno di sparire nel nulla. Dopo dieci anni ha ritrovato se stessa in un’altra terra. Panorami diversi, paesaggi diversi, sensazioni diverse. Da oriente a occidente. Dalla spiritualità orientale al profumo di States, per recuperare la classicità di quel rock ad oggi troppo semplicisticamente ignorato, con parentesi stoner e corner di noise. Dal Tibet al deserto, per giungere alla corte dei Signori Cash e Young portando con sé l’imperituro amore per quella psichedelia che questa volta ha preferito però rivestire di folk (dannatamente Floydiano). Anche le corde che le danno voce hanno assunto nuove sfumature, impiegando talvolta i già noti toni intensi e cavernosi alla Cave ma preferendo, in altri momenti, ruvidità e asprezza.
Qualcosa è rimasta immacolata però. La condotta jammistica, sempre intenta a salvaguardare l’autenticità delle sue vibrazioni.
Dunque ascoltiamo il sangue dei Karma, l’anima di David Moretti e Andrea Viti e ci ricordiamo quanto sia stata estenuante l’attesa.
Nascondersi non è servito a niente…
Cambiare nome neanche.
Sì, perché anche se preferiscono parlare di side project e se con loro questa volta c’è qualche amico in più (Xabier Iriondo tra i noti), per chi ha atteso dieci anni e si è sufficientemente indispettito quando il sig. Vignola ha omesso il loro nome in Su La Testa! (prediligendo inspiegabilmente robaccia di pessimo gusto), la scelta di Juan Mordecai corrisponde ad un comune disguido all’ufficio anagrafe.
Qualunque altro impronunciabile nome sarebbe andato bene, l’importante è ritrovare quell’anima sugli scaffali. Bentornati!