Dark Tranquillity – Fiction

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Questa recensione dovrebbe teoricamente cominciare con una decina di righe di sinceri e sentiti ringraziamenti verso i Dark Tranquillity, che innegabilmente si sono inventati un genere e ad ogni uscita si sono dimostrati sempre due passi avanti rispetto a qualunque altro gruppo provasse a ricalcarne le orme. Mi risparmio gli elogi ma insomma immaginateveli, dato che si parla di uno dei gruppi che mi hanno accompagnato da quando manco c’avevo la barba, ed essere obiettivo mi sarà difficile. Ci provo.
Dopo “The Mind’s I”, che in fondo era un po’ un’involuzione su se stessi, c’è stato quel gran disco chiamato ‘Projector’, e qui ci sarebbe da divertirsi con un’improvvisata analisi filologica dei titoli dei dischi. ‘Projector’, insomma, con tutto il suo carico di innovazione e azzardo, con l’abbandono improvviso della violenza proiettandosi verso lidi di melodia e tensione emotiva, rappresenta un po’ un punto di svolta nella loro carriera. Il successivo, ‘Haven’ appunto, è l’approdo sicuro e ragionato nel porto dell’electro-metal intravisto nelle magmatiche intuizioni del disco precedente. Certo, in quanto rielaborazione di una meta ormai raggiunta, si presenta come un disco godibilissimo ma non fondamentale. E poi con ‘Damage Done’ il danno è fatto, le sperimentazioni elettroniche e tastieristiche si asciugano, tornano i ritmi tipici dell’ormai standardizzato death melodico, non c’è traccia di quelle stupende linee vocali pulite di Mikael Stanne – purtuttavia grazie alla loro ormai consolidata abilità e competenza, gli ormai non più adolescenti di Gotheborg riescono a far sparire i cocci sotto il tappeto ammaliandoci con un disco ineccepibile, seppur costruito su una laccatissima e ruffianissima rielaborazione di materiale stilisticamente proveniente dai vari periodi del loro passato discografico. L’unica strada a questo punto sarebbe stato lo sciogliersi, lasciando da padroni indiscussi la scena del death melodico scandinavo con un disco d’addio perfetto. E invece no, ecco che puntuale arriva un nuovo disco, ‘Character’, che già dal titolo millanta una personalità totalmente assente rivelandosi invece un lavoro di mestiere, una sorta di ‘Damage Done’ molto meno messo a fuoco, molto meno lavorato, con la produzione più sbagliata e anonima al mondo e zeppo di autoplagi, che sono ben peggiori delle autocitazioni.
E qui si arriva al dunque, a questo appena uscito ‘Fiction’, ma credo che dopo la rapida analisi introduttiva potrete benissimo proseguire da voi semplicemente basandovi sul titolo: “Fiction”, appunto.
Solita traccia d’apertura un po’ più violenta del resto, poi un calibrato alternarsi di tracce più melodiche tra riff sempre più stoppati e moderni, solite tastiere e synth ariosi e a tratti piacevolmente pacchiani, solite linee vocali, insomma esattamente quello che ci si aspetta da questi ultimi Dark Tranquillity, immediato e assimilabile dopo un paio di ascolti, ovviamente composto e suonato con una indiscutibile padronanza di un suono costruito in quasi vent’anni di onorabile carriera, ma irrimediabilmente statico e lezioso. Ah, no, aspettate, questo è vero fino alla penultima traccia. Perchè? Perchè proprio come in ‘Character’ c’era quell’improvviso bagliore di novità a nome “The Endless Feed”, qui c’è sia una lenta e brillante “Misery’s Crown” dove Mikael Stanne torna finalmente cantare qualche strofa in clean vocals, sia “The Mundane and the Magic”, azzeccatissimo mid-tempo melodico dove dopo anni torniamo a sentire anche una voce femminile (in questo caso c’è lo zampino della signorina Nell Sigland, da poco entrata in pianta stabile nei Theatre of Tragedy). E allora – volendogli bene per tutto ciò che sono stati – ci chiediamo perchè, nonostante l’ispirazione sembri esserci ancora, per buona parte del disco ci si limiti al compitino ben fatto e senza troppo cuore.