Psychovox – Paura del vuoto

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Per un gruppo che dal vivo è devastante e intenso, riuscire a fissare la sua indole live su disco è sempre un problema. Come nel mito platonico della caverna, le tracce rischiano di diventare solo una più o meno derivativa rappresentazione della realtà, l’unica percepita dagli ignari ascoltatori incatenati. Ma non è sempre così, per fortuna. A volte il risultato, dopo mesi e mesi travagliati, riesce nel suo intento e questa ‘paura del vuoto’ ne è un bell’esempio. Facciamo un passo indietro: stiamo parlando degli Psychovox, trio brianzolo che ha fulminato più di una persona con le loro esibizioni dal vivo. Uno dei best kept secret odierni, che né si confonde nella miriade di gruppetti tutti uguali né si svende per qualche denaro solo per apparire smaglianti, sorridenti, fighi. Qui si fa della gran musica: rock + psichedelica + riverberi + voci e suoni e sensazioni. Se nel lavoro precedente ‘La luce non ha ombre’ il gruppo cercava di mettere in scena uno scontro (verbale, musicale, sociale), qui la tensione si allenta e a poco a poco lascia il posto ad un senso di pienezza, ad un tentativo di riconciliazione tra la piccolezza dell’uomo e la grandiosità di tutto il resto: quegli stessi padroni del mondo che tempo fa sembravano così distanti, terribili, schiaccianti, ora vengono risucchiati in un vortice perfetto che ci mostra tutta la loro miseria. Il trittico Psylobox/Sicilia/Le bacche colpisce a più riprese e musicalmente in modi diversi mentre si viene catapultati in un senso di comunione uomo/natura tutt’altro che stucchevole, lo stesso che si ritrova in Voci e Uno, in cui viene mostrato il lato marcio di questa relazione, le conseguenze di un dolore. Gli Psychovox sanno come agire, hanno le idee chiare. O forse no, ma si aggrappano alla purezza, e questo restare abbracciati ad un volere di rinascita li rende ancora più speciali. Strani, diversi, naif forse. Ma speciali. Come è speciale, anzi straordinaria, la chiusura: Il canto delle sirene è una strumentale che toglie il fiato, e subito dopo Al mio nemico, una canzone epitaffio sublime, degna conclusione di un disco degno di rappresentare la versione su traccia degli Psychovox.