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17 Maggio 2011 | XL Recording | wearefriendlyfires.com |
Live Those Days Tonight
Questo secondo album lo volevano più pop, più arioso e più solare i Friendly Fires: ascoltandolo infatti per tutto il tempo non ho fatto altro che pensare al mare, al sole, all’estate, alle palme, e… ai tamarri con la camicia hawaiana che ballano in discoteca. Sì perché per ottenere l’effetto voluto non si sono rivolti ai Beatles o ai Blur, bensì a quella dance ultracommerciale degli ultimi anni 90 che potrebbe essere quella degli Nsync o addirittura dei Backstreet’s Boys, come loro stessi hanno dichiarato a BBC Newsbeat.
Non storcete il naso, io per primo devo ammettere che Backstreet’s back (everybody/yeah/rock your body/yeah), nascosto in cameretta, lontano da orecchie e occhi indiscreti e giudicatori, me la godevo assai. Quindi abbandonate l’adolescente alternativo che è in voi, scrollatevi di dosso i pregiudizi e immergetevi nell’ascolto del secondo album dei Friendly Fires, e scoprirete che anche con le influenze nominate prima si può costruire un buon disco. Ovviamente non dovete immaginarvelo come un disco patinato e banale solo perché ho fatto quei-nomi-lì: dentro potrete trovarci sonorità a metà tra la techno degli Underworld e la trance dei Faithless (ad esempio in Chimes e Helpless) ma soprattutto, in gran quantità, la house degli ultimi anni 90 (ve li ricordate i Modjo o gli Stardust?).
È vero, potrete ascoltare anche vocalizzi suadenti ed effetti sonori da boyband : l’esempio più lampante è nel pezzo d’apertura Live those days tonight. Potrete però trovare anche falsetti vagamente disco anni 70 e voci dilatate, ritmi che ripescano quelli dei !!! e dei Cassius (True love è il pezzo in cui si nota più chiaramente). Tutto questo ben confezionato nella forma canzone, senza campionamenti vocali o frasettine più o meno cantate ripetute mille volte (come potrebbero essere ad esempio quelle dei Daft Punk, tanto per capirci) piazzate lì giusto per riempire delle frequenze e ipnotizzare l’ascoltatore, ma usando melodie ben calibrate e neanche troppo banali.
Quindi: se avete voglia di un’esperienza nuova, di un album che sfugge agli standard più o meno scritti dell’electro-dance e più in generale del pop attuale e siete così poco snob da rinunciare per un po’ al french touch che tanto ha fatto per rendere l’elettronica dance un genere che non fosse solo per tamarri, questo è il disco che fa per voi.