Byetone – Symeta

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Anche nella musica la storia si ripete; a volte anche in meglio, come nel caso di Byetone (al secolo Olaf Bender) che propone un ritorno alle origini dell’elettronica tedesca, ma con un occhio, o per meglio dire un orecchio a strutture sonore più moderne.

Era ancora un giovanotto questo tedesco quando, dall’altra parte della cortina di ferro, ascoltava  i dischi dei Kraftwerk comprati sottobanco, e da allora sicuramente il suo modo di fare musica non è più stato lo stesso (in realtà puo’ darsi che li abbia comprati legalmente, ma era per aggiungere un po’ di brio alla storia). Infatti già negli anni 80 nella austera Germania est covava sotto le ormai imminenti macerie di un sistema morente il fuoco di movimenti giovanili underground, tollerati in quanto apolitici, di cui il nostro Olaf faceva parte e dai quali ha iniziato la sua avventura musicale. Da allora ha fatto molta strada: ha preso parte a progetti sempre in ambito elettronico che dire di nicchia è dire poco (AG Geige, Lumen) ed altri già più conosciuti come Produkt Signal; nel 1996 ha anche fondato  insieme ad altri tre amici musicalmente attivi nella musica elettronica l’etichetta presso cui incide, la Raster-Noton, che, ci tiene a dirlo, tratta solo musica che sia “digitale”, “capace di rischiare” e “qualcosa di mai sentito prima”.

D’altronde questi sono i capisaldi di quello che per lui è una missione, ossia creare qualcosa che travalichi la semplice forma musicale. Ad esempio i suoi show non sono solo la solita misera esibizione di un omino dietro il suo laptop, ma veri e propri visual show da lui creati (e di cui è stato uno dei primi propositori), in cui immagini astratte create su schermi a led accompagnano le sue composizioni musicali.

Dopo il positivo esordio come “solista” con Death of a Typographer dunque rieccolo qui, ancora a scolpire suoni per il nuovo lavoro Symeta. Un lavoro che conferma la sua abilità nel forgiare non semplice musica, ma veri e propri ambienti sonori, nonostante, o forse proprio grazie al suo stile  decisamente minimale ma accurato, proprio come uno scultore, uno scultore elettronico. Con pochi studiati loop e ritmiche sostenute Byetone riesce a modellare sensazioni, a renderle quasi palpabili, tangibili, riuscendo a fare quello che i fondatori della prima ambient non sono riusciti a fare: creare qualcosa che sia musicale quanto basta per non essere mortalmente noioso per l’ascoltatore “attivo” e al contempo cerebralmente intenso.

Topas, il brano di apertura, e la successiva Telegramm sono figlie di questa particolare concezione di minimal-techno, ma è Neuschnee il pezzo in cui il connubio succitato avviene in maniera pressochè perfetta, e in maniera quasi altrettanto egregia nella seguente Opal, un lento crescendo di scura tensione, palpabile anche se appena accennata. Per reggere tutto l’album però Olaf si fa furbo, e qui e là aumenta leggermente il ritmo dei beat, come in Helix e maggiormente in Black peace, in cui effetti eco e synth di sottofondo mantengono sempre l’ambiente sonoro decisamente cupo: il (buon) risultato, quindi,  non cambia.

Conclude Golden elegy, in cui il passo rallenta e si fa quasi ipnotico, effetto parzialmente vanificato dalla scelta di intermezzi sonori distorti.

Ogni brano di questo Symeta è avvolgente, ma non come una calda rassicurante coperta, piuttosto come puo’ esserlo un invernale nebbia notturna, e solo chi non teme il mistero che cela vi si puo’ trovare a suo agio. Se pensate di avere questa caratteristica, allora avventurarvi nell’ascolto di questo lavoro sarà sicuramente soddisfacente.