Attitudine e Visual: “Signore e signori, Il Teatro degli Orrori” :nuovamente a Torino dopo l’elettrizzante performance del Traffic Free Festival di questa estate, quando nell’affollata e suggestiva cornice di Piazza San Carlo il combo veneto (ripristinata la formazione originaria) ripropose per intero Dell’Impero delle Tenebre. Davvero esaltante in quell’occasione la risposta del pubblico, che si prepara ad assistere alla prima delle due date previste all’Hiroshima Mon Amour. L’affluenza è nuovamente massiccia, in una sala Majakovskij (e dove altrimenti?) che sfiora il sold out. Dalle 23 in poi, il palco diventa dominio di Artaud: Capovilla-Favero-Mirai-Valente pronti a presentare l’assai discusso Mondo Nuovo, accompagnati in tour dal violino di Rodrigo d’Erasmo (già Afterhours), la chitarre di Marcello Batelli e le “diavolerie elettroniche” Kole Laca (rispettivamente già all’attivo con Planet Brain e 2Pigeons).
Audio: Oltre alla spiccata vena teatrale e dissacratoria, se c’è una cosa che ha sempre caratterizzato i live del Teatro degli Orrori è la quantità impressionante di decibel sparati in faccia al pubblico con violenza inaudita. All’inizio dunque ho temuto il peggio: enfasi canonica, ma per i primi pezzi il volume sembrava non essere altezza delle aspettative. Falso allarme fortunatamente: giusto qualche brano per carburare ed il live del Teatro diventa quel muro di suono che violenta le viscere, quell’Inferno in Terra cui ci hanno abitati negli anni. Le forze in campo sono notevoli, così come l’esperienza on stage: musicisti di livello e tecnici del suono validissimi. C’è il solito problema della voce, un po’ oscurata nei pezzi più virulenti: ma in ambito di rock pestato di scuola chicagoana il “problema” è pressoché inevitabile.
Set list: In termini di prestazione, i soldi del biglietto se li sudano davvero Capovilla e soci, non c’è che dire: due ore e mezza di concerto (!), con una scaletta chilometrica che attinge a piene mani dai tre dischi a disposizione, senza risparmiare qualche chicca come l’ottima b-side Per Nessuno.
Il Mondo Nuovo è eseguito quasi in toto: spiccano la violenta Non vedo l’ora, una trascinante Skopje (nonostante il ritornello un po’ scontato che chi scrive fa fatica a digerire) e soprattutto la teatrale Adrian, che fa un po’ le veci della grande assente Majakovskij. Toccanti e ben eseguiti anche i lampi acustici di Ion (ottimo il sempre più completo Gionata Mirai alla chitarra) e Cleveland-Baghdad. Da segnalare il fatto che, come ipotizzabile, tracce risultate un po’ troppo morbide e poco convincenti all’ascolto su disco (Rivendico e, soprattutto, Io cerco te) abbiamo aumentato esponenzialmente il proprio coefficiente hardcore dal vivo. Doris è folgorante, anche se per chi conosce l’originale degli Shellac il confronto è difficile. Dal Mondo Nuovo al Terzo mondo, recuperato dal secondo album A sangue Freddo: brano attesissimo quello dedicato al poeta-attivista nigeriano Ken Saro Wiwa (“ma cazzo informatevi su Wikipedia anche sulla figura di Henry Okah“ sbrotta Capovilla) e le ormai conosciutissime E’ colpa mia e Direzioni diverse. Ma c’è spazio anche per ri-addentrarsi nell’Impero delle Tenebre: E lei venne! e Compagna Teresa sono un uno-due da knock out alla prima ripresa, Il Turbamento della gelosia, Lezione di musica e la toccante Canzone di Tom mettono ancora i brividi. Dispiace non aver goduto di perle quali Majakovskij e il Padre Nostro, ma anche non essere saliti sul Carrarmatorock invocato più volte dal pubblico. Con una scaletta così generosa però è impensabile qualunque tipo di recriminazione (per altro mai giustificata da parte mia: la band suona quello che vuole!).
Pubblico: Il pubblico del Teatro si è allargato. Il nuovo album ed al “personaggio Capovilla” hanno ormai conquistato l’attenzione dei grandi media. La reazione di novizi di fronte allo show è stata come da copione sbigottimento puro di fronte all’intensità dello show. In una pausa Capovilla si avvicina al parterre, senza microfono ma con l’immancabile sigaretta in bocca (lui e Gionata sono due ciminiere che ad ogni pausa approfittano per “due note”) e ricorda con veemenza che un concerto rock che si rispetti non lo fanno solo i musicisti, ma lo fa soprattutto il pubblico.
Momento migliore: Quando poi ti ritrovi il suo gomito in faccia ti ricordi perché lo ami, Capovilla: eccessivo lo è in tutto, compresi i due stage diving clamorosi che si concede, in particolare il secondo, lunghissimo, nel quale arriva praticamente fino al bar dell’Hiroshima per poi ritornare indietro a piedi in mezzo alla folla in delirio.
Locura: Ormai è chiaro: il Teatro gioca anche un po’ a farsi odiare. Spavaldi lo sono sempre stati, un po’ troppo sicuri di sé lo stanno diventando, ma rivedendoli ora dal vivo, si ha l’impressione che l’istrione Capovilla giochi con la sua proverbiale alterigia per provocare il pubblico, spronandolo con una certa dose di ironia a sfidarlo, ad affrontarlo (i vari “thank you ladies, fuck you gentleman” non sono una novità) ma anche a partecipare attivamente al concerto. Se la tira? Forse. Si risparmia? Per niente. E’ un comunicatore Pierpaolo, che può facilmente risultare verboso ed eccessivamente teatrale, ma efficace. Ci tiene ad introdurre alcune canzoni, laddove ricorda la tragica vicenda di Ion Cazacu o le meschinità che avvengono sul Delta del Niger. C’è anche il tempo per un giusto tributo all’Hiroshima Mon Amour, pronto a festeggiare il suo venticinquesimo anno d’attività ad aprile: divertente il tono canzonatorio di Capovilla per il pubblico che non coglie i riferimenti agli Ultravox di o al film di.
Conclusioni: Un album che ha diviso, il Mondo Nuovo. Messi da parte scetticismo, polemiche e pareri personali, lo show del Teatro degli Orrori non lascia invece molto spazio alle dicotomie di sorta, confermandosi uno dei migliori in Italia: energetico, muscolare, stimolante, completo. Davvero evenemenziale.