Rover – Rover

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La magnificenza di un processo creativo risiede molto spesso nelle dinamiche a cui la vita mette di fronte gli stessi musicisti, che ovviamente sono persone. Per questo se Timothée Régnier non avesse mai deciso di andare a suonare in Libano senza visto con la sua Punk Rock band, e non fosse stato espulso, oggi non avremmo potuto gustarne lo splendido esordio solista. Rover, perché è un appassionato di auto Inglesi e perché vede la sua vita come un viaggio – Quindi perché non farlo su di una macchina di lusso – , solista, perché da quando ricevette la sua prima chitarra ai tempi della scuola Francese – Che frequentò a New York con diversi membri degli Strokes – il desiderio di proporre le proprie intime sensazioni divenne giorno dopo giorno irrefrenabile.

Beach BoysBowieBeatles compongono la triade da lui stesso indicata come “portante” di una crescita artistica che presenta diversi ammiccamenti alla Indie-Wave  a band come Interpol e Strokes stessi. Ascoltate “Remember” e ditemi se non è il perfetto connubio tra le soluzioni adottate nel lavoro solistico di Julian Casablancas – e l’introspettività radiofonica del secondo Interpol. C’è un sorprendente falsetto nella sorniona “Tonight” che ben s’abbina alla melodrammaticità dell’organetto di “Queen of the fools” ed alla ninna nanna  Wilsoniana Lou . Mentre nella seconda parte “Carry on” si diverte trasfigurando la “My way” del grande Sinatra sostituendo drammaticità con estaticità, consegnado ai suoi coetanei un vademecum sul come ci si dovrebbe comportare in epoca retromane.

Sognante, ispirato, caparbio, Rover merita solo rispetto.